I 109 ANNI DAL “GRANDE MALE”, IL GENOCIDIO DEGLI ARMENI: COSA SUCCESSE E PERCHÈ VENNE NASCOSTO

Nella notte del 24 aprile 1915 l’Europa conobbe il primo vero genocidio del XX secolo. Peccato che per “scoprirlo” ci vollero anni visto che prima l’Impero Ottomano e poi la nuova “laicissima” Turchia di Kemal Ataturk fecero di tutto per nascondere la deportazione e il massacro di 1,5 milioni di cittadini armeni cristiani. Il Genocidio degli Armeni (e anche delle altre minoranze greche e assire) tra il 1915 e la fine della Prima Guerra Mondiale nel 1918 è uno degli orrori più grevi del Novecento, usato poi come “modello” dai nazisti con la Shoah ebraica ma anche dalle politiche genocidiarie della Russia sovietica.



Gli armeni lo chiamano “Medz Yeghern”, il Grande Male e ogni anno il 24 aprile dovunque si trovino nel mondo si ritrovano in lunghe processioni e commemorazioni per “tornare” a quella tragica prima notte di deportazione: in piena crisi per la guerra che stava andando molto male per gli ottomani, il Governo dei “Giovani Turchi” – frangia estremista del partito “Unione e Progresso” – ordinò la deportazione e il massacro della minoranza armena cristiana, confiscando terre e beni esattamente come “ripeteranno” pochi anni più tardi le SS e la Gestapo naziste in mezza Europa contro i cittadini ebrei. Ufficialmente “spostati” verso fuori dalla Turchia, realmente morti di fame, sfinimento, esecuzioni nei circa 2 anni di deportazione fisica di donne, anziani e bambini armeni. Per il resto, la pratica che tutti possiamo immaginare: la classe media giovane, politici, intellettuali, artigiani, insegnanti e anche giornalisti vennero uccisi o arrestati. Un popolo intero in fuga dalla furia cieca del totalitarismo islamista: sono passati 109 anni ma per fortuna molti testimoni – più che altro parenti e discendenti di testimoni diretti – non cessano di raccontare alle giovani generazioni cosa avvenne in Turchia contro gli Armeni a partire dalla notte del “Medz Yeghern”.



ERDOGAN SCRIVE AGLI ARMENI “NON VI DISCRIMINIAMO”, MA INTANTO VIETA MANIFESTAZIONE IN MEMORIA DEL GENOCIDIO

La Turchia non ha mai riconosciuto il Genocidio degli Armeni, né allora, né finita la guerra, né oggi: addirittura la legge turca prevede un reato se solo si fa cenno dell’esistenza di una strage di armeni tra il 1915 e il 1918. «Una volontà di negare, perché in qualche modo l’orgoglio nazionale turco che hanno cercato di coltivare dal tempo della presa di potere da parte di Kemal Atatürk è sempre stato centrato su di un insegnamento che viene fatto ai bambini sin dalle scuole elementari: “siamo un popolo straordinario, che non potrebbe mai commettere una cosa del genere», così raccontava a “Tempi” in una intervista nel 2019 la scrittrice Antonia Arslan in merito al mancato riconoscimento della Turchia anche moderna sul Genocidio degli Armeni.



Istanbul storicamente parla di un complotto armeno internazionale nel denunciare i fatti compiuti dai “Giovani Turchi”, ma nel corso dei decenni – con estrema lentezza, purtroppo – la comunità internazionale ha man mano riconosciuto in molti casi le atrocità commesse dalle frange estremiste ottomane. Molti ma non tutti e sopratutto mai dalla Turchia di Erdogan che anzi da anni minaccia alleati e non di sanzioni e ritorsioni qualora riconoscano il genocidio. Il Presidente Erdoğan in un messaggio inviato a Sahak Maşalyan, patriarca armeno di Türkiye, per il 24 aprile 2024 rivendica che la Turchia moderna «non permette e non permetteremo che nemmeno un singolo cittadino armeno venga emarginato, escluso o si senta di seconda classe nella sua patria». Peccato che non parli di genocidio ma di “fatti del 1915”, aggiungendo come la continuazione del clima di pace e tranquillità «ereditato dai nostri antenati può essere possibile solo con i nostri sforzi congiunti». La Turchia non discrimina, ufficialmente, eppure appena poche ore prima la prefettura di Istanbul non ha concesso il permesso per una manifestazione organizzata da una ong armena (“Piattaforma 24 aprile”) per ricordare l’anniversario dei 109 anni dal genocidio: «Riteniamo che il divieto imposto sul nostro evento commemorativo, senza peraltro alcuna giustificazione, sia un passo anti democratico», attacca il responsabile della ong che dal 2010 al 2019 è riuscita a organizzare la commemorazione. Lo stop per Covid e le ultime censure in questi anni hanno impedito il proseguire di tali manifestazioni per il genocidio meno “sponsorizzato” dalla Turchia e dalla comunità internazionale.