Il genocidio è un crimine difficile da dimostrare quanto da commettere. A sostenerlo è la professoressa Alicia Gil Gil, che insegna diritto penale ed è direttrice del Dipartimento di diritto penale e criminologia dell’UNED. In un articolo pubblicato su El Pais ne spiega le ragioni, chiarendo che il problema principale nell’accertare che sia stato commesso questo crimine consiste nel dimostrare l’intento di distruggere in tutto o in parte una popolazione. La Corte internazionale di giustizia ha affrontato tale problema, ad esempio, nella sentenza di condanna della Serbia del 2007 e nell’assoluzione del 2015. Per l’ICJ, l’uccisione intenzionale di una parte della popolazione non è sufficiente, anche se tali uccisioni sono commesse su scala massiccia e con un movente discriminatorio, o se fanno parte di una campagna di pulizia etnica finalizzata all’espulsione attraverso l’intimidazione di una particolare popolazione.



Va dimostrato l’intento diretto di distruggere il gruppo. “Questa distinzione può sembrare strana ai non addetti ai lavori, ma in effetti la pulizia etnica, il fenomeno più comune, non è sinonimo di genocidio se la violenza è usata a scopo di espulsione, anche se può includerla, se c’è un intento di sterminio“, precisa la professoressa Alicia Gil Gil. Per questo motivo il genocidio non è solo difficile da dimostrare, soprattutto in una situazione di conflitto in cui ottenere prove è quasi impossibile, ma in base a questa definizione rigorosa è anche difficile da commettere e poco frequente.



“PERCHÉ È DIFFICILE DIMOSTRARE (E COMMETTERE) GENOCIDIO”

Il requisito dell’intento diretto limita la possibilità di commettere un un genocidio, mentre “la virtualità di limitarsi a una distruzione parziale le amplia“, osserva la professoressa Alicia Gil Gil su El Pais. “L’intento di distruzione può essere limitato alla parte del gruppo esistente in una certa area geografica, come Srebrenica o Gaza, o anche a una parte sostanziale, quantitativamente e qualitativamente in quell’area, che deve essere essenziale per la sopravvivenza del gruppo nel suo complesso, come l’intera popolazione maschile“. In ogni caso, “è comunque necessario provare l’intenzione di sterminare fisicamente“.



L’esperta segnala che, inoltre, secondo i tribunali penali internazionali, la distruzione deve essere il fine diretto perseguito dall’autore del reato, non solo prevista come possibile conseguenza che viene semplicemente accettata. Precisazioni che possono indignare, ma Gil Gil ricorda che comunque esistono altri crimini internazionali in cui i fatti potrebbero rientrare, crimini di guerra e crimini contro l’umanità, e sottolinea l’importanza di preservare un concetto rigoroso di genocidio. “La causa sudafricana sostiene che i morti civili, i feriti, i trasferimenti di popolazione, la distruzione degli ospedali, l’interruzione dei rifornimenti, l’impedimento dell’accesso umanitario, ecc. sono stati effettuati con l’intenzione di causare la distruzione fisica del popolo palestinese“.

“CONFERMA O EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI GENOCIDIO”

Tra le prove portare alla Corte internazionale di giustizia, e citate da Gil Gil, ci sono dichiarazioni di politici israeliani, come i riferimenti del primo ministro Benjamin Netanyahu al mandato biblico di sterminare Amalek nei suoi discorsi alle truppe, la colpevolizzazione del popolo palestinese nei discorsi di Isaac Herzog e di altri ministri israeliani, le arringhe dei comandanti militari che invocano la vendetta e negano la neutralità dei civili o disumanizzano i palestinesi. “Il successo della richiesta, visti i precedenti, è incerto“, sottolinea la professoressa di diritto penale nella sua analisi.

La decisione di ordinare a Israele di cessare unilateralmente le operazioni militari era comunque prevedibile, essendo simile a quella del 2020 contro il Myanmar per la persecuzione dei Rohingya. “Oltre ai casi sopra citati, la Corte internazionale di giustizia ha in corso la causa dell’Ucraina contro la Russia per violazione della Convenzione sul genocidio. La risoluzione di queste tre controversie metterà alla prova gli standard di prova dell’intento genocida e assisteremo alla conferma di un concetto rigoroso di genocidio o, al contrario, alla sua evoluzione“, conclude Alicia Gil Gil.