Da anni i musulmani, che sono un largo numero residenti nella regione dello Xinjiang, di radice Uiguri, subiscono la feroce repressione del governo centrale di Pechino, così come succede ai cristiani che non si sottomettono alla cosiddetta “chiesa ufficiale” cinese. I musulmani però a differenza dei cristiani reagiscono: diversi gruppi di loro infatti hanno dato vita a piccole organizzazioni terroristiche che hanno lanciato in passato attacchi anche a Pechino. E’ questa la paura maggiore del regime. Dopo aver imposto ogni tip di divieto alla professione della loro religione, l’ultimo atto, secondo quanto riporta oggi l’autorevole quotidiano inglese The Independent, prevede la separazione di migliaia di bambini dai loro genitori, in modo da essere educati direttamente dallo stato ovviamente all’ateismo e a dimenticare la loro cultura di appartenenza. Una decisione terribile, definita dal giornale un “genocidio culturale” a cui Pechino ha già risposto parlando di fake news. Si tratta dei figli, in particolare, di genitori arrestati e sottoposti loro stessi a campi di rieducazione, come si chiamano: secondo le Nazioni Unite dal 2017 a oggi sono state arrestate più di un milione di persone, tutte detenute in campi di rieducazione di cui si conosce ben poco.
LA CANCELLAZIONE DELL’IDENTITA’
I figli di queste persone vengono così sottratte ai genitori e sottoposti loro stessi a una totale rieducazione basata sull’ateismo e sul culto dell’ideologia comunista. Non è dato sapere se è previsto che questi bambini potranno mai ritornare dai genitori, anche perché da quello che si sa chiesti adulti sono condannati ai campi di rieducazione a vita. Alle scuole è stato ordinato di stabilire piani di risposta alle emergenze che includano la gestione dei bambini “orfani statali”, che includano valutazioni regolari del loro stato d’animo e di consulenza psicologica. Negli asili di stato il numero di iscrizioni a partire dal 2017 è aumentato moltissimo e il 90% di questi bambini appartengono alla minoranza musulmana. In queste scuole e asili è vietata la lingua uiri. Naturalmente la propaganda del regime sostiene che questi bambini godono di maggior assistenza e cure igieniche migliori, perpetrando lo stereotipo che le famiglie musulmane siano sporche e non in grado di crescere i figli negando l’intento di separarli dai genitori. Ma ovviamente è impossibile per chiunque avvicinare questi bambini.