La Turchia ancora oggi non fa altro che “ripetere” quanto quasi l’intera comunità internazionale ha volutamente “nascosto” per quasi 50 anni: il Genocidio perpetrato agli Armeni (ma anche le minoranze assire e greche) tra il 24 aprile 1915 e il 1918 è uno degli orrori che l’Europa ha tentato di “nascondere” durante la Prima Guerra Mondiale, evitando così di produrre in tempo quegli “anticorpi” che sarebbero poi stati necessari nel frenare la Shoah e le politiche genocidiarie della Russia comunista fino quasi agli anni Ottanta. Oggi molti Governi per fortuna hanno cominciato a riconoscere e metter pressione ad Erdogan affinché anche Ankara possa riconoscere il crimine perpetrato al popolo armeno da parte dei Giovani Turchi, il gruppo al potere nel 1915 dopo la caduta dell’Impero Ottomano. Una “macchia” così enorme nel pieno della gloriosa nascita della nuova nazione di Kemal Ataturk non poteva e non può tutt’ora essere riconosciuta e affermata dal governo turco. Eppure l’Occidente oggi finalmente (con ritardo, lo ripetiamo) definisce olocausto del popolo armeno quanto iniziato nella notte tra il 23 e il 24 aprile 1915, ovvero quando i soldati dei Giovani Turchi cominciarono ad arrestare, deportare e uccidere intellettuali, giornalisti, politici, uomini di cultura. Per tutti gli altri armeni, donne, bambini e anziani, le deportazioni furono spinte verso l’Anatolia con lunghe marce della morte durate mesi: si calcola in circa 2 milioni di persone morte in 3 anni per sfinimento, malattie o fucilazioni sommarie. Una vera e propria “anticamera” di quanto l’orrore nazista preparò solo pochi anni dopo nel cuore dell’Europa, come ricorda ancora oggi una delle più grandi testimoni viventi, Antonia Arslan: scrittrice padovana di origini armene, è l’autrice de La masseria delle allodole, il più famoso romanzo ispirato alle vicende del genocidio armeno



GENOCIDIO ARMENO, IL “MODELLO” DELLA SHOAH

«Il primo genocidio del XX secolo, stiamo parlando di una forma di sterminio che all’inizio del Novecento viene testata sul popolo armeno, e poi sui siriaci. Stiamo in sostanza parlando della distruzione di un’intera minoranza da parte del governo dello stato al cui interno questa minoranza si trovava. Come avrebbero poi fatto i tedeschi con gli ebrei che erano cittadini tedeschi come loro, così i Giovani Turchi hanno fatto con gli armeni e i siriaci, che erano minoranze riconosciute all’interno dell’Impero Ottomano. Queste non sono stragi, non sono massacri, è qualcosa di più: è uno sterminio organizzato con estrema freddezza e razionalità dall’alto», racconta la Arslan in una lunga intervista a Tempi proprio in occasione dell’anniversario ricorrente oggi in tutto il mondo. La forza della Chiesa, da sempre a fianco dei fratelli armeni, ha negli anni permesso a diversi Governi di poter riconoscere il genocidio con risoluzioni unilaterali e ufficiali: da ultimo il Governo italiano lo scorso 10 aprile ha approvato una mozione bipartisan di grande rilevanza volta a «riconoscere ufficialmente il genocidio armeno e a darne risonanza internazionale» (con relativo fastidio e attrito generato in Erdogan, ndr). «Una volontà di negare, perché in qualche modo l’orgoglio nazionale turco che hanno cercato di coltivare dal tempo della presa di potere da parte di Kemal Atatürk è sempre stato centrato su di un insegnamento che viene fatto ai bambini sin dalle scuole elementari: “siamo un popolo straordinario, che non potrebbe mai commettere una cosa del genere”», spiega ancora la Arslan nel merito del mancato riconoscimento nel 2019 della Turchia. Secondo l’autrice e viva testimone è decisivo che ancora oggi gli Stati riconoscano quanto perpetrato contro i suoi avi: «è una questione morale. I governi turchi possono protestare, minacciare di ritirare gli ambasciatori, ma il fatto che il numero dei paesi che riconoscono il genocidio armeno cresca è importante perché i turchi non potranno più dire che il discorso del genocidio è un complotto anti-turco degli armeni».

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