Contrordine, compagni, anzi amici. Solo ieri su questo giornale avevamo detto che una grande città, una Capitale, avrebbe dovuto trovare i modi, i metodi per dare una sistemazione degna e umana a gruppi di famiglie rom sgombrate da campi peraltro indecorosi e pericolosi.  Non si devono smembrare le famiglie, concordavamo con Sant’Egidio, che ha alzato la voce, ma con buon diritto, conoscendo e lavorando con le famiglie rom da tanto tempo. Tanto più che Roma è tappezzata da manifesti del Comune di dubbio gusto con quella frase scherzosa del Papa “Damose da fa, semo romani”. C’erano mille citazioni migliori. Poi oggi, Venerdì Santo, l’occupazione della basilica di San Paolo fuori le Mura, dove si venera la tomba dell’Apostolo, da parte di un centinaio di Rom che chiedono di essere ascoltati e aiutati dalla Chiesa, visto che l’amministrazione comunale li caccia  e li tratta come cani. Che dire, come non penare e solidarizzare con loro. Invece no. No, perché non è usuale che comunità di zingari “occupino” platealmente. Non l’hanno mai fatto. Tanto più di venerdì Santo, dato che,  con sincerità o tradizionale aderenza superstiziosa, mostrano di appartenere alla Chiesa, e le processioni in onore della loro santa patrona, Santa Marta, nel sud della Francia,  esprimono ogni anno la devozione di un popolo cristiano. Tutto cambia, è vero, ma certi usi sono duri a morire. Piuttosto, indoviniamo chi li ha mossi, incitati  ad un gesto clamoroso, guarda caso in giorni importanti per la diocesi, per la Chiesa tutta. Guarda caso a una settimana dalla beatificazione di Giovanni Paolo II. C’è un documento interessante delle comunità di base, di San Paolo che mette la firma a tante sciocchezze scritte e a tanta esagitata indignazione. Ce le eravamo perse, le comunità di base, credevamo fossero sparite nei recessi fumosi degli anni 70. Eccoli qui, belli pronti, i paladini della morale e della libertà, a spingere i rom ad okkupare, così come i centri sociali okkupano case e palazzi. Per farsi un po’ di nome, appannato dal tempo, e dire innanzitutto a telecamere e giornali che questa beatificazione non s’ha da fare, o meglio, innanzitutto chi l’ha detto che è santo, questo Papa polacco conservatore e retrivo sul sacerdozio femminile, sul matrimonio dei preti, sugli anticoncezionali ecc. ecc. E secondo, è un oltraggio alla festa dei lavoratori, pensare di riempire piazza San Pietro la mattina del 1 maggio!

Sembrerebbe uno scherzo, eppure le dichiarazioni deliranti sono alla portata di mouse, e fanno impallidire il numero speciale di Micromega, dove Flores d’Arcais ci ricorda che i dubbi di Hans Kung sulla santità di Wojtyla dicono la verità.  

Quanto alla Basilica di Sa Paolo, alle ore 17 i rom sono stati tranquillamente allontanati, salvo chi volesse inginocchiarsi per seguire la Liturgia della Passione, che si è svolta, come da programma, alle ore 17. La Basilica pontificia è retta da due Eminenze, e un incaricato per la pastorale, ma la abitano e la vivificano i monaci benedettini, che hanno scelto, da monaci, di non fare dichiarazioni e pregare davanti alla Croce, a differenza di qualche solerte sacerdote, arrivato in Chiesa per portare la sua solidarietà ai rom  e criticare Comune e Vicariato insieme, così, senza andar troppo per il sottile. Tra i rom che stazionavano dentro  e fuori la Chiesa, soprattutto donne e bambini, sloggiati stamane dal campo abusivo di Casal Bruciato. Nome omen, perché non rappresenta un bello spettacolo: grovigli di rame, baracche, sporcizia, topi.  Soprattutto un giro di prostituzione minorile che andava svelato e stroncato, dichiara la polizia.  Tocca mettere in conto anche questa realtà, quando si sente gridare: “Questa è la nostra Via Crucis”.  Tocca distinguere la povera gente, i disperati, da sfruttatori e delinquenti. Gesù   è morto per tutti, e tocca ricordarlo tanto più in questo giorno. Ma Gesù amava i bambini.  E uno stato laico, come da richiesta ei cristiani di base,  non può tollerare l’illegalità palese, né ripristinare il diritto d’asilo.