Una donna è morta a Roma, nel centro, a due passi dal capolinea degli autobus, ma anche della sontuosa Galleria Colonna, dalle vie dello shopping e dai palazzi della politica. L’hanno trovata così, un fagotto immobile accoccolata sui gradini di una porta. Chiamiamola Marietta: cinquant’anni, poco più, ma poteva averne settanta, ottanta, tante le ferite e le cicatrici della vita su un volto senza età. Non è morta di freddo, non fa freddo in questa Roma che si scrolla di dosso a fatica il clima di festa e di attesa per la beatificazione del Papa. In migliaia hanno passato le notti all’aperto, sulle rive del Tevere, sull’erba umida del Circo Massimo, in queste ultime notti. Non faceva freddo, anzi, l’aria profuma di primavera e di tigli fioriti.
Di clochard come lei, “barboni”, anche se si tratta di giovani e donne, appunto, ce ne sono tanti, a Roma. Ce ne sono tanti in ogni grande città, un brulicare di volti e gambe strascinate sotto le stazioni della metropolitana, nei giardinetti pallidi e malati, tra cassonetti e fontanelle, a dividere l’elemosina con stranieri e improvvisati musici e cantastorie. Non sempre, però, quasi con pudore, come a sottolineare una scelta fatale, definitiva. C’è un sacco di brava gente che si occupa di loro. Non danno fastidio, te li trovi accanto in qualche chiesa, seguono dietro un pilastro le funzioni, poi se ne vanno coi loro sacchetti in mano, al massimo lasciano una scia non proprio profumata. Ma nessuno li maltratta, nessuno li offende (qualche ragazzaccio idiota, qualche sadico assassino di bulleria, ma sono pochi delinquenti, grazieadio). Come se si riconoscesse una dignità data dal dolore, se si cercasse di indovinare le loro storie, con comprensione e pietà.
Ci sono tante mense per i poveri, a Roma. Ci sono comunità che sfornano migliaia di pasti, portano sacchi alimentari di quartiere in quartiere, offrono coperte e medicine. Non possono offrire visite mediche.
Anche Marietta veniva accudita dalla parrocchia vicina, quella di San Rocco, protettore di tutti i barboni e gli appestati del mondo. Accanto al marciapiede dove ha chiuso gli occhi, c’è una bella chiesa barocca, Santa Maria. Lì si venera la Madonna del Pozzo, e si racconta di un’icona della Vergine, affiorata su una lastra pesante di pietra, in un pozzo medievale, che ancora è conservato in una cappella, cui si abbevera chi vuole, recitando una prece. E sono tanti, a tute le ore del giorno, i “barboni” col bicchierino di carta in mano, a fare la fila per un sorso d’acqua chiara.
È facile parlare d’indifferenza, di trascuratezza delle istituzioni pubbliche, della gente per quest’ennesima vittima della solitudine. È facile, soprattutto da parte di chi non si sporca mai le mani, e si esercita troppo spesso in ramanzine di retta morale. Sì, siamo sempre di corsa, e abbassiamo gli occhi davanti alle Mariette e ai suoi compagni di strada. Anche volendo, non si potrebbe aiutare tutti.
Ma sappiamo anche che le Mariette non puoi deportarle a vivere in una comunità, che rifiuterebbero dopo tanti anni una casa, delle regole, dei controlli. Bisogna voler loro bene anche in questa, che non è una scelta di libertà, ma un’abitudine, ormai, e soprattutto quando si diventa anziani le abitudini sono sacre, non si abbandonano. Ancora non conosciamo i motivi ma si può sperare che questa donna sia morta serena, nel sonno, come una figurina de la leggenda del Santo Bevitore, di Roth. Che ora riposi in pace, sicura che la sua povera vita è preziosa per qualcuno. Può esserlo anche per noi, che giriamo la testa dalle foto del suo corpo abbandonato in strada, per pena, per un incancellabile senso di colpa, ad avere tanto e non rendere grazie ogni attimo.