Se l’allarme viene ora gettato anche dall’Europa, per di più dal commissario in teoria più “vicino” al nostro Paese, significa che qualcosa nella formulazione del Recovery Plan italiano non sta funzionando a dovere: nell’intervista a Repubblica di martedì 29 dicembre il Commissario agli Affari Economici Paolo Gentiloni “suona” l’allarme sui ritardi italiani nella produzione del piano da inviare entro gennaio all’Europa per ottenere i fondi del Next Generation Eu.
Dopo la semi-crisi di Governo e lo stop dell’originario Pnrr (Piano Nazionale Resilienza e Ripresa), la “palude” interna alla maggioranza si è palesata ieri con gli aut-aut di Renzi lanciati a Conte e resto del Governo, il che aumenta ulteriormente il ritardo accumulato dall’Italia: «Non mi preoccupano le scadenze di queste settimane rispetto alle quali non c’è un particolare ritardo italiano. Piuttosto penso alla seconda metà del 2021 e nel 2022, va evitato il rischio di mancare un appuntamento storico. Qualità del piano e sua attuazione sono sfide che potrebbero diventare molto difficili», spiega Gentiloni in merito alla “qualità” della bozza finora presentata da Conte al Consiglio dei Ministri.
IL RISCHIO PER L’ITALIA SUL RECOVERY FUND
Se da un lato Gentiloni si dice “sereno” sull’impianto di base del Recovery Plan italiano («La parte generale del piano, grazie al lavoro coordinato dal ministro per le Politiche comunitarie Enzo Amendola, è coerente con le priorità indicate dalla Commissione Ue su Green Deal, resilienza ed innovazione digitale»), dall’altro sono due le principali criticità evidenziate dall’ex Premier Pd. «Le spese da fare devono essere prevalentemente su investimenti e riforme. Non bastano gli incentivi, che pur non essendo esclusi non sono una priorità», tuona Gentiloni, mentre il secondo campanello d’allarme è identificato con le procedure sull’attuazione del piano. «Il Diavolo – avverte ancora Gentiloni – non è nei dettagli del piano ma nelle procedure per eseguirlo. Vista l’esperienza che abbiamo in Paesi come Italia e Spagna sulla difficoltà dell’assorbimento delle risorse europee si tratta di una sfida enorme perché questi fondi vanno impegnati entro il 2023 e spesi entro il 2026»; il che significa che le procedure che l’Italia deve implementare devono essere «straordinarie e con corsie preferenziali»; «Non possiamo definire “senza precedenti” il Recovery Fund», conclude il commissario Ue, «e poi non prendere decisioni conseguenti sulle procedure ordinarie».