Con la caduta del Muro di Berlino nel 1989, e ancor di più con la dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991, si ha l’inizio – per unanime consenso culturale e politico – dell’impero americano; impero che tra alti e bassi dura fino alla data simbolica del 24 febbraio 2022, giorno dell’invasione russa dell’Ucraina; tale termine finale, però, è attualmente ancora oggetto di dibattito se esso sia verosimile oppure esagerato nel suo simbolismo; personalmente per me è verosimile e nel corso dell’analisi che andrò svolgendo ne mostrerò le motivazioni.



D’altra parte, va sottolineato che l’espressione “impero americano” non la si può prendere nell’accezione tradizionale della formula, ma va considerato un sistema a molte dimensioni, tra le quali alcune sono state del tutto egemonizzate nel periodo in oggetto, dagli Stati Uniti d’America, altre sono state solamente notevolmente influenzate, poche non sono mai venute all’assoggettamento integrale; come esempio paradigmatico, ci si riferisce all’arsenale bellico e nucleare russo, da trent’anni nelle mire egemoniche degli Usa, ma mai lontanamente nemmeno avvicinato.



Detto in altri termini, se gli Usa avessero avuto il completo dominio delle forze armate russe, effettivamente l’impero americano si sarebbe potuto intendere nel senso tradizionale dei fatti storici; invece, a causa del moloch russo non affrontabile in maniera diretta, l’impero a stelle e strisce lo è stato effettivo e totale nella finanza, nei media, nelle produzioni cinematografiche e televisive, fino a tanti aspetti culturali e antropologici.

Bene, con l’invasione russa del 24 febbraio 2022 questo mondo globalizzato a cui eravamo abituati, nel quale abbiamo vissuto, termina e ci troviamo ora catapultati in un mondo nuovo, più vasto, più disordinato, enormemente complesso e infine del tutto spregiudicato (basti pensare a tal riguardo al peso e all’importanza attuali dell’Onu, sensibilmente ridimensionati).



Per molti versi, rientriamo in una dimensione ottocentesca e dei primi del Novecento a livello di politica internazionale, dove Stati indipendenti e più o meno forti si fronteggiano, con una precisa e drammatica griglia di potenza e prevalenza. In cima alla lista troviamo Stati uniti e Russia, le uniche due e vere superpotenze, grazie anche al fatto del possesso congiunto di circa il 92% dell’armamento nucleare del pianeta; tale dimensione di superpotenze non è data solo, però, dalle armi nucleari, ma anche da un complesso di risorse materiali, tecnologiche, territoriali, umane ed economiche.

Infatti, se ad esempio gli Usa hanno il primo Pil del mondo a 23.500 miliardi di dollari, dato che il dollaro è ancora la moneta di conto degli scambi mondiali, molti trattano con sufficienza e limite la Russia in quanto essa conteggia un Pil di soli 1.800 miliardi di dollari circa; ma questo aspetto per il caso Russia è fortemente distorto ed è solo nominale, in quanto se viene applicata con rigore e competenza la legge della PPA (parità dei poteri d’acquisto), il Pil russo al minimo è conteggiato a 5.000 miliardi di dollari (e questo è il dato che proviene da università come Harvard, Yale, Mit, i quali enti fanno anche un po’ di politica di parte); quindi, alla fine non è per nulla improbabile che in termini di PPA il Pil russo sia pari a 7.000-8.000 miliardi di dollari, il che ne fa la terza economia del pianeta per dimensioni, e per nulla fuori scala rispetto alle prime due (Usa e Cina); si può dire, anzi, che rispetto alla struttura del Pil cinese quello russo è notevolmente più qualitativo, si pensi alle missioni spaziali, agli stessi impianti e strutture militari, agli armamenti, all’arredo urbano delle città, a ricerche in settori totalmente innovativi; con questo non si vuole affermare che in Cina siano coltivatori di riso e basta, ma che le eccellenze e le performances cinesi sono ancora agli inizi, in quanto il vero problema che la nazione deve ancora completare è il raggiungimento a standard moderni di un benessere per 1.480 milioni di cittadini; perciò, nell’immensità e nella maturità delle produzioni, la Cina trova anche risorse e molte per affrontare l’innovazione e condizionare i mercati finanziari mondiali, ma non è ancora alla qualità media di Stati Uniti e Russia, ed è lontana in termini militari.

Con queste precisazioni, si vede quindi che la Cina attualmente si pone in una terza posizione multidimensionale, come prima potenza che segue le due superpotenze e che guida un insieme di Stati che stanno crescendo sempre di più di importanza: India, Brasile, Indonesia, Nigeria, Iran, Pakistan, Turchia, Sudafrica, Algeria, Messico e l’Argentina (l’Unione europea è un qualcosa con troppe eccezioni e particolarità per darle un contenuto univoco di Stato; se, ad esempio, ci fosse una vera e chiara unità politica assurgerebbe al rango di superpotenza in terza posizione).

(1- continua)

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI