Le risorse materiali iconiche a livello planetario sono l’acqua potabile, il grano, il petrolio e l’oro; detto questo non è che con tale elenco si esaurisce l’importanza delle materie prime agricole, minerarie e animali; l’elenco nei fatti è sterminato e da ultimo, e cioè soprattutto dagli anni Novanta in avanti, si sono aggiunte le terre rare. Meno male che l’aria che si respira è ancora un bene incommensurabile nella sua vastità e disponibilità, ma già la sua qualità non lo è più, avendosi luoghi dall’aria maleodorante e sporca e quasi irrespirabile, fino alla salubrità di arie che si trovano in zone non alla portata di tutti.
Quindi, l’incipit iniziale di questa prolusione è che mentre fino al 2022 l’intensità e la disponibilità di tutte queste risorse si muoveva sull’ordito della globalizzazione, in questo nuovo mondo non è più così e, soprattutto, non si conosce ancora l’approdo finale di medio lungo termine di questo nuovo atteggiarsi delle cose; tutto questo porta incertezza e aumento dei rischi e perciò dei consequenziali costi del commercio internazionale.
Sappiamo solo al momento che tutto costerà di più, nel senso di incrementi sensibili dei prezzi, sconosciuti in quest’ultimo trentennio; in più chiare lettere, periodi di inflazione molto più elevata, che anche se a livello sociale è la tassa più iniqua, porta con sé la proprietà di alleggerire e di molto l’entità reale dei debiti pubblici, soprattutto in Occidente, non dimenticando ovviamente la mostruosità ulteriore della dimensione dei debiti statunitensi.
Trattando, quindi, più da vicino e per sommari capi l’impatto fisico delle risorse materiali, forse mai come in questo periodo il posto più delicato spetta al grano, in quanto l’export di questa fondamentale materia prima è per un buon 40% a responsabilità russa, mentre quello ucraino pesa per circa un 15%: siccome si ha che questi due Paesi sono in guerra tra di loro, e che il 18 luglio 2023 non è stato rinnovato l’accordo di transito del grano sul Mar Nero, l’unica conseguenza ovvia è che il prezzo del grano in tali condizioni potrà anche triplicare se non aumentare anche di quattro volte in capo a 6-7 mesi, sempre che entro novembre non si arrivi a un accordo di massima tra Usa e Russia sugli equilibri fondamentali a livello planetario, compresa l’Ucraina e col dossier anche di Taiwan.
In tali condizioni, nemmeno in Europa si potrebbe più respirare un clima sociale tranquillo, ma da gennaio 2024 inizierebbero i torbidi.
Del tutto ovvio, poi, che soprattutto petrolio e oro non starebbero a guardare a quanto avviene nel mercato del grano, ma a mano a mano che tensioni e prezzi si intensificherebbero, i prezzi di questi due asset aumenterebbero molto più del necessario; insomma, oramai siamo a un punto di entrata del medio periodo con punto di partenza dall’inverno del 2023, e per tale ragione sarà facile trovarsi, se lo scontro in Ucraina non rallenta notevolmente, a prezzi del barile Wti del petrolio tra i 150 e i 200 dollari, con l’oncia d’oro stabilmente intorno ai 2.400 dollari. Insomma, uno scenario di inflazione veramente in crescita severa, e cioè tassi dal 10% al 15% complessivi e sbandamento del dollaro statunitense come valuta di riserva in una maniera più accentuata e in tempi più rapidi.
Questi scenari di prezzo avrebbero poi l’effetto più drammatico nell’interrompere o sospendere quasi del tutto i progetti fondamentali e le manutenzioni importanti per l’acceso all’acqua potabile soprattutto nell’Africa sahariana e del Sahel. E, in effetti, tutti i rivolgimenti politici di fine luglio, soprattutto in Niger, non fanno altro che anticipare un disordine veramente pauroso se non viene adeguatamente controllato e disinnescato.
Le conseguenze per l’Europa sarebbero una pressione dei migranti sulle coste meridionali del Mediterraneo superiore anche a dieci volte a quella attuale di questo inizio agosto.
In merito poi alle terre rare, si sa che come quantitativi tecnologicamente sfruttabili al giorno d’oggi sull’intero pianeta, siamo nell’ordine delle 140 milioni di tonnellate, dove la Cina ne è detentrice dentro i suoi confini nazionali per circa 38 milioni di tonnellate; in più la Cina arriva, al momento, al trattamento chimico e alla produzione industriale di circa il 55% a livello mondiale da utilizzo industriale di terre rare.
Pertanto, di nuovo in sequenza, un’inflazione che parta da grano e petrolio, si riverserebbe abbastanza presto, e cioè nel tempo di sei mesi, sull’intera industria che dipende dall’utilizzo di terre rare, in primis pannelli fotovoltaici, auto elettriche, ma poi a seguire telefonia e informatica.
Insomma, un contesto generalizzato e in crescendo di aumento dei prezzi, dato che ogni cosa non risponde più a un ordito unico, inesistenza quindi di una catena logistica che abbatte i prezzi, ma piuttosto l’emergere come una nuova risorsa di catene logistiche che assicurino la stabilità e la certezza degli approvvigionamenti. Da tale punto di vista considero perciò oramai arrischiatissimo per gli Usa procrastinare lo scontro con la Russia in Ucraina, in quanto a livello strategico e macroeconomico è già perduto.
L’unica condizione di vittoria sarebbe l’implosione della Russia dall’interno; solamente che ora come ora per destabilizzare la Russia tocca togliere al cittadino medio della nazione il grande e sicuro benessere che sta vivendo e che dimostra che le sanzioni non funzionano. Infatti, in questo mondo disordinato, l’India sta vivendo un’abbondanza di risorse alimentari e di idrocarburi che neppure nelle fantasie più spregiudicate di qualche anno fa avrebbero mai immaginato i governanti di questa nazione; si sono cioè trovati immediatamente catapultati a livello di risorse nel Paese di Bengodi. Ora, gli Usa dovrebbero cercare di staccare l’India dalla Russia, ma sono essi in grado di rifornire l’India di 1,5 milioni di barili di petrolio al giorno?
Attenzione poi anche al mercato della carne bovina e in sequenza di quella suina viste le crisi argentine e i problemi dei mercati del grano; non resterebbe immune questo settore dall’essere toccato dall’onda d’urto, e per tale motivo in Europa non va dimenticato quanto è essenziale la produzione di carne argentina e brasiliana per il mercato interno.
Abbiamo oramai poco tempo e risorse che corriamo il rischio di non vedere più tanto facilmente a portata di mano e per i tempi voluti.
(2- continua)
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