L’Accordo per il commercio e la cooperazione tra Ue e Regno Unito, siglato in extremis, salva il nostro export. Oggi Londra uscirà definitivamente dall’Unione, ma rientrerà nel mercato unico europeo con un accordo di zero dazi. Con tale accordo, corroborato da tante misure di convergenza, di fatto il divorzio politico dall’Ue viene di gran lunga superato per rilevanza dal “rientro” pieno dell’economia britannica in quella continentale. 



Il punto: l’Italia rischiava di perdere miliardi del suo export verso il Regno Unito a causa di dazi e ora tale rischio è stato annullato. Infatti, le associazioni del settore alimentare (quasi 4 miliardi di export verso Londra) hanno subito reagito con entusiasmo alla notizia. Altrettanto importante è che l’industria della difesa italiana, poiché intrecciata con quella inglese, avrebbe molto sofferto eventuali barriere, in particolare per i programmi futuri. L’industria della difesa non ha solo rilevanza per la sicurezza, ma è un volano di altissima tecnologia che produce un impatto modernizzante e competitivo su un vastissimo indotto. 



L’Italia è stata esclusa o messa in posizione marginale dai programmi franco-tedeschi nel settore. Ha reagito potenziando quelli in collaborazione con il Regno Unito, anche perché alcuni più tecnologicamente evoluti. Quindi il mantenimento della fluidità nelle relazioni industriali italo-britanniche, con aggancio facilitato ai sistemi statunitensi di superiorità, è un fattore di competitività del sistema italiano che gli permette anche più forza nelle relazioni entro l’Ue. 

Quest’ottimo risultato per l’Italia è stato raggiunto grazie alla Germania che ha voluto difendere decine di miliardi di export verso il Regno Unito, imponendosi sulla Francia che preferiva una netta esclusione di Londra. Alla fine, il realismo pragmatico ha vinto. L’augurio per il 2021 è che lo faccia dappertutto. 



www.carlopelanda.com 

Leggi anche

SCENARIO PIL/ "I numeri dell'export frenano la crescita italiana"CAOS MAR ROSSO, QUANTO CI COSTA?/ "A rischio la ripresa dell'export, a rischio l'8,7% del made in Italy"