L’inflazione americana ad aprile si è attestata al 4,9% in diminuzione rispetto al 5% di marzo. È il decimo calo consecutivo dal picco di giugno 2022, ma questo è solo uno dei due modi con cui approcciare l’andamento dei prezzi. L’inflazione rimane ben oltre l’obiettivo del 2% nonostante 10 rialzi consecutivi abbiano portato il tasso della Fed ai massimi degli ultimi 16 anni, nonostante alcuni settori mostrino segnali di rallentamento e nonostante una mezza crisi bancaria.
I prezzi ad aprile sono saliti ancora dello 0,4% rispetto a marzo e l’inflazione “core”, al netto delle componenti più volatili, è sorprendentemente resistente. Alcuni dei fattori “transitori” che avevano spinto i prezzi alla fine del 2021 si sono attenuati: le strozzarure sulle forniture sono migliorate e i prezzi del gas e del petrolio sono molto inferiori ai livelli del 2022. Sta lentamente entrando nell’orizzonte uno scenario nuovo in cui l’inflazione rimane elevata per un lungo periodo e l’obiettivo del 2% diventa politicamente impraticabile. Per accelerare la disinflazione servirebbe probabilmente una recessione che nessuno si augura e che nessuno vuole.
La spesa pubblica, il deficit e i sussidi sono ancora fuori scala rispetto a quello che era considerato normale fino al 2019. Una loro revisione profonda lascerebbe i consumatori alle prese con un incremento dei prezzi che negli ultimi due anni è più vicino al 20% che al 10%, dato il cumulo, e per alcuni dei beni meno discrezionali, alimentari, bollette e affitti, è ben sopra il 20%.
Inflazione alta significa interessi alti e bilanci statali peggiori. È una dinamica che fa assomigliare i Paesi sviluppati sempre di più a quelli in via di sviluppo: inflazione alta, tassi alti, valuta debole e spesa pubblica. Le economie sviluppate sembrano regredite a economie in via di sviluppo e questo solleva sfide sociali, politiche e finanziarie.
Le sfide sociali e politiche sarebbero, a prima vista, quelle che si sono presentate negli anni ’70. È stato un periodo di inflazione alta, ma con caratteristiche molto diverse rispetto a quelle attuali; la capacità produttiva e industriale, pensiamo all’Italia, non era stata appaltata a economie terze; il contesto internazionale era meno volatile e la presa sulle catene di fornitura, pensiamo alla sponda meridionale del Mediterraneo, era più stretta.
Le sfide finanziarie sono, da un lato, quelle per contendersi i risparmi internazionali in un contesto di valute che perdono valore con gli Stati costretti a offrire tassi più alti e, dall’altro, quelle per contenere le spinte a “uscire dal sistema” per difendere il potere d’acquisto e gli effetti, pensiamo al settore residenziale, della corsa a proteggersi dall’inflazione.
L’inflazione scende, ma non è più transitoria e nemmeno una lunga parentesi all’interno di un quadro di prezzi contenuti. L’inflazione sopra il 2% è il nuovo mondo. In questo mondo vince chi riesce a mantenere e sviluppare la propria base produttiva, con le sue catene di fornitura, e a difendere la credibilità dei propri debiti e della propria valuta.
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