Cosa vuol dire globalizzazione? Ripercorrendo gli ultimi 5.000 anni di civilizzazione umana scopriamo che non si tratta solo di un fenomeno recente, ma di uno sviluppo ciclico, persistente e necessario per lo sviluppo della nostra specie. La storia deve ripetersi perché non ci sono infiniti modi per organizzare una mandria recalcitrante e decentralizzata di Sapiens Sapiens sparsi in un pianeta, dunque osserviamo che il mondo che tanto ci sembra moderno oggi esisteva similmente ai tempi dei Caldei, di Alessandro Magno, dei Romani, non era forse globalizzato il mondo dei Templari?



I processi di espansione e gestione dell’ordine mondiale hanno portato prima alla Dutch Golden Age, alle guerre di religione culminate nella pace di Vestfalia, poi alle rivoluzioni industriali con l’invenzione del Capitalismo e del signoraggio, a Napoleone e alla Restaurazione, e infine al mondo post Bretton Woods. Insomma, si sono succeduti perpetui cicli di ordine e disordine, in un’eterna sfida tra natura e nurtura.



In ogni epoca si celano gli stessi pattern: una guerra determina sempre i vincitori e i perdenti, ricchezza e potere sono controllati solo da chi possiede gli asset fondamentali per lo sviluppo dell’umanità. Perciò per districarsi nel pasticcio globale odierno è necessario guardare al passato e porsi le domande giuste.

Per quanto riguarda l’utopia odierna, il paradiso perduto della globalizzazione si è rivelato un incubo: la tribù mondiale ha subito una violenta standardizzazione economica verso il basso e uno svilimento culturale atroce. L’arcadia promessa ha portato alla deindustrializzazione di chi sapeva fare le cose, ma come insegna Adam Smith chi controlla la produzione controlla il mondo.



Uno Stato basato sul consumo può funzionare solo se è piccolo e insignificante come Singapore, ma rimane dipendente da tutti. Quindi, questo impero interdipendente e fragile, intreccio globale di multinazionali e Stati, sfida i principi dell’evoluzione, dell’entropia e dell’omeostasi e ha causato il monumentale sfacelo dell’Occidente.

La Città del Sole di Campanella non è attuabile su scala mondiale perché qualcuno deve perdere affinché il mondo trovi l’equilibrio, altrimenti si causa solo tanto disordine. Il modello di Babilonia, villaggio mondiale da 15 minuti è sostenibile? Dubai, la città più insostenibile al mondo, è veramente la panacea a tutti i mali, reali o presunti dell’umanità?

Come i Romani avevano un impero la cui espansione era basata sulla continua conquista militare, dopo Bretton Woods gli americani hanno basato il loro successo sull’incessante conquista economica in un infinito schema Ponzi limitato solo dal numero di individui presenti sul pianeta e dalla grandezza del pianeta stesso. Tutto ciò può solo condurre alla rovina, al consumo assoluto di ogni risorsa e ogni essere, a un mondo come quello mostrato da tanti film distopici come Blade Runner.

La globalizzazione ha soggiogato l’umanità con i suoi metodi più crudeli: la finanziarizzazione di ogni aspetto della vita e la teocrazia del software. Dio è diventato un algoritmo e l’algoritmo è diventato Dio, etereo e tecnico al tempo stesso, in un mondo virtuale fino a quando non si attualizza e viene misurato con gli strumenti della realtà: qui però dove vengono creati i leviatani immateriali che beffardamente soverchiano popoli.

Come Giove inganna Io per sedurla nel dipinto di Correggio, i profeti della globalizzazione hanno blandito le anime dei popoli in modo pressoché ridicolo: considerando che nel 2023 non sono ancora “stati fatti” gli europei, e benché meno gli italiani, era patetico pensare di poter creare una pace eterna guidata da organismi transnazionali al di sopra di ogni legge.

Le civiltà troppo complesse sono sempre destinate al fallimento per la diminuzione della produttività marginale che porta il popolo in un circolo vizioso e decadente coronato molto spesso dal Pil pro capite in discesa, un debito pubblico folle, una politica monetaria deprecabile e un tasso di natalità imbarazzante. E gli italiani, affittuari dello Stato più discolo del reame, sono l’emblema di questo declino.

L’unica correzione possibile della globalizzazione è il mondo multipolare: ritornare alle regole per il bene di tutti. Per la prima volta nella storia non ci sarà un popolo a guidare l’umanità, ma viene da chiedersi allora: chi la guiderà? La Storia è ricominciata e come aveva detto Winston Churchill nel suo celebre discorso motivazionale agli inglesi prima della guerra ogni uomo ottiene quello che si merita così “meritate la vittoria”.

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