L’Europa non ha di fronte a sé mesi facili. Il risultato delle elezioni francesi di certo non rafforza le iniziative comuni dell’Ue, non è ancora chiaro con quale strumento la Bce affronterà gli aumenti eccessivi degli spread tra Paesi core e periferici, senza dimenticare che dalla scorsa settimana l’arrivo di gas dalla Russia non è più una certezza. Abbiamo fatto il punto con Mario Deaglio, professore emerito di Economia internazionale all’Università di Torino.
Professore, cominciamo parlando delle scelte delle banche centrali. La Fed ha operato un rialzo dei tassi superiore al previsto, mentre la Bce è dovuta correre ai ripari con un vertice straordinario una settimana dopo la riunione del Consiglio direttivo che ha sancito la fine dell’era dei tassi negativi e degli acquisti di titoli di stato.
Non è una critica, ma una constatazione: le due principali Banche centrali occidentali dimostrano di non avere il controllo della situazione e di dover, quindi, procedere al buio o perlomeno in una grande penombra di fronte a un fenomeno nuovo. In particolare, per quanto riguarda la Fed, si deve presumere che sia stata allarmata dalle sue stesse previsioni inflazionistiche: non tanto per quel che riguarda la quantità di inflazione che si profila negli Usa, quanto per la sua durata, perché se si fosse trattato di un picco destinato a sparire in poco tempo, la Riserva Federale avrebbe agito diversamente.
Invece con questa mossa rischia anche di provocare una recessione.
Sì. Tra l’altro non vanno trascurati i segnali che arrivano dalla società americana, dai quali si nota una profondissima spaccatura alla quale è difficile porre rimedio. Per quanto riguarda la Bce, invece, vedo anche la replica di un errore di comunicazione fatto dalla Lagarde a inizio mandato, relativo sempre agli spread.
In effetti, non mancano analisi di chi ritiene la Lagarde inadatta al ruolo, soprattutto in questo frangente.
Di queste analisi se ne fanno da tempo, anche perché la Lagarde non viene dal mondo bancario. Il fatto è che non si può dare la guida della Bce a un tedesco e c’era appena stato un italiano. Non c’è, purtroppo, una grande tradizione di banchieri centrali europei e questo non aiuta ad avere la persona giusta al momento giusto.
Intanto, però, lo spread è salito. Questo ci metterà in difficoltà?
Credo ci sia stata una reazione esagerata, perché lo spread incide solo su quella parte di titoli di stato che vanno a scadenza e vengono rinnovati. La Bce, la scorsa settimana, ha ribadito che l’ammontare dei titoli in suo possesso verrà reinvestito sempre con una certa flessibilità come fatto finora. C’è dunque questa base da cui non si tornerà indietro e rappresenta già un bello scudo. Ovviamente, però, questo non significa che i singoli Paesi potranno emettere debito a piacimento. Se ci sarà bisogno di un maggior intervento dell’Eurotower, allora si vedrà.
Sarà comunque con uno strumento come l’Omt o con condizionalità per il Paese beneficiario?
Certo. Per fare un esempio, per un Paese come l’Italia dove c’è un forte clima di incertezza sul futuro politico molto prossimo, cosa si può fare d’altro?
A proposito di incertezza, ve n’è molta ora in Francia. E probabilmente anche con riflessi sull’Europa.
Temo che a livello europeo possiamo aspettarci maggiore disordine. Diventa più difficile, infatti, pensare di poter arrivare a un accordo tra Francia e Germania sulla direzione da intraprendere a livello europeo come avvenuto in passato. Anche perché alla debolezza intrinseca del Governo francese si somma un certo grado di confusione dall’altra parte del Reno, dove, per fare un esempio, i Verdi avevano premuto sulla Merkel per l’addio al nucleare e ora che sono alla guida del Paese sono pronti a usare le centrali a carbone.
Il tutto per via delle forniture di gas russo. Domani è in programma la riunione del Comitato tecnico di emergenza e monitoraggio del gas naturale. Lei come vede la situazione italiana su questo fronte?
La notizia della scelta di Eni come partner internazionale del North Field East Project da parte di QatarEnergy dimostra il valore dell’azienda italiana e sicuramente ci aiuta a essere meno dipendenti dal gas russo. La mia impressione è che le nostre riserve siano a un buon livello, migliore forse di quello tedesco, anche se non bastano probabilmente a superare l’inverno in caso di completo stop delle forniture dalla Russia. Quindi, non dobbiamo abbassare la guardia.
In queste settimane sta comunque emergendo che l’Europa non può totalmente rinunciare alla Russia.
Assolutamente. Anzi, per Italia e Germania la Russia è importante, non solo come fornitore, ma anche come cliente. Al momento ci sono segnali che fanno pensare che si possa arrivare a una sorta di accordo tra Kiev e Mosca, anche se il grado di probabilità resta indeterminato. A quanto viene riferito dai servizi inglesi, il morale delle truppe russe sarebbe basso, ma comincerebbero a esserci diserzioni tra gli ucraini. Zelensky forse non ha più dietro di sé un Paese unito, quindi un qualche compromesso va trovato e sembra comincino a esserci le premesse perché possa essere raggiunto. Vedremo se nelle prossime settimane emergeranno altri segnali in tal senso.
Nel frattempo Biden potrebbe anche essere più impegnato sul fronte interno, visto che per le elezioni di midterm le cose non si mettono bene.
Sì. I Democratici rischiano di essere sconfitti senza che ci sia un chiaro vincitore.
E intanto in Europa ci sarà meno unità e ogni Paese cercherà di guardare i propri interessi…
Temo di sì. L’interesse comune è spesso una somma di compromessi e ora diventa più complicato raggiungerli. Speriamo che ci si arrivi lo stesso.
Per l’Italia resta importante, anche se non sufficiente, il Pnrr?
Bisogna attuarlo, non ci si può permettere di non farlo: andrebbe ricordato anche a chi adesso pensa a una crisi di governo. La mia impressione, comunque, è che Draghi pensi di farcela: la riforma della giustizia è stata approvata, se verranno portate in porto le altre entro fine anno e si avvieranno i progetti principali, potremmo essere più tranquilli. Non sono pessimista sull’estate grazie al traino del turismo. Il dopo è tutto da vedere.
Sarà decisivo l’autunno?
L’autunno sarà il momento chiave, soprattutto per motivi internazionali. Non solo ci saranno le elezioni di midterm, con il rischio di un Biden anatra zoppa, ma si terrà anche il congresso del Partito comunista cinese, dove non è detto che Xi Jinping venga riconfermato alla guida del Paese. Parti delle sorti del mondo si decideranno in autunno, prima ci sarà un’estate calda dal punto di vista meteo, ma con la boccata d’ossigeno del turismo per l’economia italiana.
(Lorenzo Torrisi)
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