Il quadro internazionale appare incerto, non solo a seguito di quanto sta avvenendo in Afghanistan, ma anche per l’attesa di elezioni (quelle tedesche in Europa), di possibili annunci delle autorità monetarie (Jerome Powell a Jackson Hole) e delle conseguenze di una svolta epocale intrapresa (la necessità di “regolamentare i redditi eccessivamente alti” da parte della Cina). Tutti eventi con ricadute su un’economia che ha da poco riacceso i motori dopo lo scoppio della pandemia. Abbiamo fatto il punto della situazione con Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano.



Professore, partiamo dalla situazione cinese dopo l’annuncio fatto dal Presidente Xi Jinping.

Considerando anche le recenti decisioni riguardanti i colossi tecnologici, l’operazione messa in atto dalla dirigenza del Partito comunista cinese può essere considerata anche come una sorta di riaffermazione del potere politico rispetto all’ingigantimento di quello economico e finanziario. Resta da capire se potrà avere gli effetti desiderati, soprattutto per quel che riguarda la redistribuzione del reddito a favore della Cina profonda, quella rurale. Staremo a vedere. L’intervento di Pechino è comunque legato anche a un maggior controllo delle informazioni, dei social network e dei giganti tech. Anche gli Usa devono affrontare problemi simili.



Ce ne può parlare?

La classe media americana si sta giovando del grande piano fiscale di Biden, ma forse meno del previsto, nel senso che c’è un miglioramento della situazione, ma le disuguaglianze proseguono nel loro aumento. In generale i colossi tech continuano a guadagnare molto e la crescita senza sosta delle quotazioni sembra premiare Wall Street in misura maggiore rispetto a Main Street.

E c’è il rischio che prima o poi la bolla scoppi…

Sì, come ho già spiegato recentemente manca la possibilità di misurare il valore reale degli asset e c’è quindi il problema di come riportare la struttura finanziaria con i piedi per terra. Non è un problema semplice da risolvere e poi tra poco più di un anno ci saranno le elezioni di midterm.



A proposito di elezioni, sono sempre più vicine quelle tedesche, che sembrano fondamentali per il futuro dell’Europa.

La Germania può sicuramente vivere di rendita per un bel po’, dato che con la crescita degli ultimi 20 anni è riuscita a costruirsi un ruolo economico molto rilevante. Si tratta di capire che uso vorrà fare di questo ruolo il nuovo Cancelliere. C’è anche da dire che questo potere economico è strettamente legato al settore manifatturiero, e riguarda quindi anche l’Italia, soprattutto settentrionale, e dipende molto dalla Cina e dal mondo asiatico. Si capiscono quindi le mosse della Merkel nell’ultimo periodo rispetto a Russia e Cina. Immagino anche che la Cancelliera si stia preoccupando di garantire una transizione il più possibile all’insegna della continuità e della stabilità.

Complessivamente gli Stati Uniti restano i leader in ambito internazionale?

Sì, anche se devono affrontare una situazione un po’ complicata. Non solo riguardo le mosse della Federal Reserve, anche se non credo ci saranno grandi novità a Jackson Hole, ma anche per via delle conseguenze della crisi afghana, la cui gestione non ha giovato all’immagine di Biden, dell’intero Paese e del dollaro. Tra l’altro in queste settimane si stanno leggendo molti articoli e commenti quasi “nostalgici” su Bretton Woods che rappresentano il segnale dell’esistenza di un problema relativo alla moneta fiduciaria.

In questo quadro l’Europa resta il soggetto più debole?

Le elezioni tedesche sono imminenti e vista anche la situazione internazionale per l’Europa potrebbe essere l’occasione di un riavvicinamento tra i Paesi membri. Un Paese da solo, per quanto grande, non è credibile. L’Ue deve presentarsi unita, o perlomeno vagamente unita, altrimenti il suo ruolo sullo scacchiere internazionale andrà sempre più svanendo. Io penso che per forza di cose qualche passo in avanti da questo punto di vista si farà. Non si tratterà magari di grandi cambiamenti, ma qualche avvicinamento tra i Paesi sarebbe un fatto positivo, soprattutto considerando che nel frattempo gli Stati Uniti si sono indeboliti un po’.

(Lorenzo Torrisi)

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