Chi scrive ha avviato nel team di ricerca euroamericano che coordina un nuovo programma di ricerca “lungo” che trovi la migliore architettura (geo)politica di alleanza tra le democrazie che possa sostenere nel futuro una loro convergenza monetaria, di mercato e standard economici. Tale programma è un derivato di quello precedente, attivato nel 2013 e precorso dal libro “The Grand Alliance” del 2007 titolato: “Deglobalizzazione conflittuale e riglobalizzazione selettiva”. Tale processo è in atto. Ora serve capire come dare un’architettura prospettica (vettore strategico) alla riglobalizzazione selettiva, cioè alla formazione di un mercato integrato delle democrazie sempre più ampio e passo dopo passo alla loro convergenza (meta)monetaria.
L’avvio di tale programma è stato accelerato a seguito di un’analisi che vede sia difficile compiere ulteriori passi integrativi ed espansivi nel G7 – pur alleanza forte -, sia annota una tendenza introversa nell’Ue e negli Stati Uniti che fa temere una frammentazione del mondo delle democrazie stesse. Il punto: le democrazie tendono a reagire piuttosto che ad agire a causa della loro varietà di opinioni interne. Ciò è un vantaggio prospettico per i sistemi autoritari e individua un rischio prospettico di declino delle democrazie nonché di instabilità globale.
L’ipotesi iniziale per affrontare il tema è studiare la fattibilità di un modello di “sovranità convergenti e reciprocamente contributive”. Al riguardo dell’Ue tale modello sarebbe l’anello mancante tra configurazione comunitaria e intergovernativa. Correttamente, il più dei ricercatori e molti attori finanziari europei segnalano la necessità di un’integrazione confederale. Si può aggiungere, al riguardo dell’Eurozona, che un’area monetaria comune senza una politica fiscale che lo sia altrettanto è troppo sub-ottimale. Ma le principali nazioni europee non vogliono rinunciare alla loro sovranità. Quindi c’è bisogno di uno scalino intermedio tra Europa delle nazioni e confederale che consolidi l’alleanza tra nazioni stesse, appunto, rendendole reciprocamente contributive.
Con questo approccio si potrebbe riprendere il progetto costituzionale europeo interrotto nel 2005 e alcuni punti non realizzati del Trattato di Lisbona (2010), puntando al concetto di “integrazione sufficiente”, ma rendendolo aperto a integrazioni extraeuropee. Lo stesso concetto dovrebbe essere applicato al G7 marcando la “reciprocità contributiva” precorsa da un accordo già siglato di collaborazione in caso di emergenze finanziarie: sarebbe da estendere alla prevenzione delle stesse entro un ombrello di alleanza militare integrata “Nato +”.
Tale integrazione sufficiente del G7, attiva e non passiva, alimenta una speranza strategica essenziale: la creazione tra decenni di una metamoneta, il “credit”, basata su un accordo di cambio controllato tra dollaro, euro, yen, sterlina, e dollaro canadese, nuovo solido riferimento mondiale.
Qui si stimola la ricerca italiana a partecipare.
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