Premessa. Nel 2007 presentai a Washington il libro The Grand Alliance (Angeli, 2007) a élite statunitensi sia repubblicane, sia democratiche. Il punto – di geopolitica economica – era che l’America, pur superpotenza, non aveva più la scala per dominare da sola il sistema globale facendo prevalere le regole delle democrazie. Inoltre, non c’era una nazione democratica che potesse esserne il successore. Quindi, l’America avrebbe dovuto rinforzare (l’allora) G8 trasformandolo in mercato comune progressivo (Free Community) e inclusivo di altre nazioni compatibili.
La reazione fu negativa non tanto per lo scenario, ma per l’impossibilità percepita da un politico statunitense di comunicare all’elettorato che l’America fosse ormai piccola. Tuttavia, alcuni miei ex studenti che lavoravano per John McCain per le presidenziali 2008 mi chiesero una sintesi, togliendo la Russia, perché stavano preparando il concetto di “Lega delle democrazie” a guida americana. Altri ex studenti di campo democratico mi chiesero un’opinione aggiornata, a fine 2012, sull’idea che Barack Obama stava preparando – e che annunciò nel febbraio 2013 – di creare due mercati amerocentrici, uno atlantico (Ttip) e uno nel Pacifico (Tpp) che escludessero Cina e Russia. Risposi che prima bisognava creare un nucleo G7 economicamente integrato senza cercare di mantenere divisi gli alleati dell’America nel Pacifico e gli europei allo scopo di rinforzare il progetto.
Questo fallì durante l’Amministrazione Trump. Ma Giappone e Canada siglarono trattati commerciali con l’Ue oltre che con l’America. La Germania propose già nel 2007 un accordo euroamericano finanziario e per standard comuni, ignorato dall’Amministrazione Bush, ma continua – via Partito popolare – a proporre un accordo Ue/America. L’Amministrazione Biden è più morbida di quella Trump, ma ne continua la linea americanista. Che è sbagliata in prospettiva geoeconomica sia per l’America, sia per i suoi alleati.
Scenario 2032. L’America si accorgerà che dovrà cedere almeno un minimo di sovranità imperiale agli europei e al Giappone per reggere il confronto bipolare con il sistema sinorusso, dare speranza di inclusione al Sud globale nel mercato delle democrazie ed evitare, via effetto scala, un conflitto bellico con i regimi autoritari. Se ne accorse, pur con modi diversi in tempi differenti, Kissinger quando propose nel 1973 il passaggio dal potere globale americano singolo a uno collettivo per evitare uno sforzo insostenibile a carico dell’America.
In questa prospettiva sarebbe importante che il linguaggio di “autonomia strategica europea” si limitasse a una maggiore responsabilità negli affari globali e non si spingesse verso una divergenza euroamericana che, oltre ad aumentare l’instabilità, avrebbe un impatto pesante sul ciclo finanziario con conseguenze impoverenti. La compattazione economica del G7 e la sua estensione è la giusta risposta. Anche una nuova Amministrazione Trump o Biden se ne accorgeranno.
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