Attori politici e di mercato europei stanno cercando di capire quale sia la migliore collocazione internazionale dell’Ue nell’ambito del confronto globale tra America e Cina. Al momento sembra prevalere la postura di una Ue certamente alleata dell’America, ma non al punto di perdere la propria autonomia che significa “diritto di divergenza” nel rapporto bilaterale atlantico e nel G7. In particolare, la Francia a conduzione Macron punta a un’autonomia più forte perché persegue l’obiettivo di una “sovranità europea francocentrica”, non più post Nato come Parigi la auspicava nel recente passato, ma comunque indipendente dal potere statunitense.
La Germania a conduzione Scholz non ha una postura post Nato, ma persegue l’obiettivo di una “Germania globale”. Come? Aumentando le inclusioni delle nazioni nel raggio europeo, dai Balcani al Mar Nero, per passare da una Ue a 27 nazioni a 36, per fornire al suo potere prevalente in Europa una base più larga di scala. Infatti, l’Ue è piccolina e per puntare a dominare un mercato interno di grande scala Berlino deve allargarlo il più possibile, oltre i 500 milioni di abitanti.
In sintesi, questa direzione autonomista dell’Ue, più marcata a Parigi e più prudente, ma anche più sostanziale, a Berlino sta collocando l’Ue vicino a una postura multipolare. Da un lato, è comprensibile che i maggiori poteri europei non vogliano farsi ascarizzare dall’America e/o subire una pressione penalizzante in caso si ripetesse una conduzione a Washington simile a quella di Trump (2016-20). Dall’altro è impressionante la sottovalutazione da parte di questa corrente di pensiero di quale sia il fattore principale della costruzione di un nuovo ordine mondiale nel prossimo futuro: non è una configurazione multipolare del sistema internazionale, ma la formazione di un blocco, compatto sul piano geopolitico e geoeconomico, delle democrazie che sia più grande e forte di qualsiasi sfidante/competitore e grazie a questo possa esercitare una pressione condizionante sul resto delle nazioni del pianeta.
Il punto: la direzione che sta prendendo l’Ue favorisce la strategia della Cina comunista che spinge un mondo multipolare dove la Cina stessa, allargata via dominio della Russia e dell’Asia centrale, diventerebbe il potere regionale maggiore nel mondo con conseguenze di superiorità globale. Infatti, Pechino sta facendo di tutto per staccare, almeno un po’, Ue e Stati Uniti.
Chi scrive non ha molta considerazione del pensiero strategico francese – “vojo, ma non posso” -, ma rispetta di più quello tedesco. Il Governo Scholz non sta puntando a un nuovo Reich, pur la tentazione egemone in Germania quasi un tratto genetico della sua cultura politica anche post-bellica, ma sta tentando di reagire all’amputazione dei suoi sbocchi di mercato (totale) in Russia e (prospettico) in Cina in una situazione dove il Pil nazionale è formato per circa la metà dall’export e dal suo indotto. Per tale motivo Berlino non può collocare l’Ue in una postura di riduzione troppo forte dei flussi con l’Eurasia. Sta cercando mercati alternativi, per esempio in India. Ma la vera compensazione di una riduzione del raggio di mercato tedesco sarebbe la sigla di un trattato economico molto profondo tra Ue e Stati Uniti.
Infatti, il Partito popolare, più atlantico degli altri e ora all’opposizione, lo invoca da tempo. Ma l’America, in fase di reindustrializzazione manifatturiera, ha difficoltà a ottenere il consenso interno per siglare trattati economici che aumentino la pressione concorrenziale esterna sui lavoratori americani, infatti protezionisti sia a destra sia sinistra. La soluzione sarebbe quella di una relazione commerciale bilanciata, ma l’Ue dovrebbe rinunciare al proprio protezionismo in parecchi settori, i più delicati quello dell’agricoltura e finanziario.
L’Italia? Non ha interesse ad aderire a una postura Ue che diverga troppo dall’America: se nell’Ue prevalesse il multipolarismo, l’interesse nazionale – ben argomentabile sul piano geopolitico e geoeconomico – sarebbe quello di siglare un bilaterale industriale-militare molto forte con gli Stati Uniti e continuare a strutturare la relazione trilaterale con Regno Unito e Giappone. Ma Roma ha interesse maggiore nel far convergere i G7 e avere rilievo in un’alleanza globale delle democrazie che si trasformi in mercato espansivo e che faccia da leva all’espansione delle nazioni partecipanti. Chi scrive spera che l’Italia riesca a far ragionare in termini convergenti le nazioni del G7.
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