Il G7 deve allargarsi per non perdere scala globale nel futuro. Le sue nazioni ne sono consapevoli e lo dimostrano aumentando gli invitati esterni, geodifferenziandoli in relazione a quella che ha la presidenza di turno. Me le potenziali inclusioni dirette in un G7+ sono poche al momento: Australia, Corea del Sud. E il metodo degli inviti selettivi volta per volta non ha un potenziale strutturante, pur utile. Pertanto serve una nuova architettura che connetta sistematicamente un futuro G7+ e le nazioni emergenti.



Da qualche mese il mio gruppo di ricerca euroamericano (Stratematica) sta consultando colleghi arabi (sunniti), africani, asiatici, meso e sud americani per capire quale sia l’attrattatività dei Brics. La sensazione risultante, preliminare, è che questa non abbia una forza intrinseca di compattazione, ma dipenda dalla percezione di una difficoltà relazionale con il sistema G7. Ed è stato rilevato che molte nazioni del Sud globale avrebbero più interesse in una relazione più strutturata con il gruppo dei G7.



Da un lato, il G7 non può includerli senza snaturarsi via perdita di coerenza. Ma, dall’altro, c’è uno spazio per la creazione di una comunità di interessi nazionali convergenti che includa, in progressione crescente, le nazioni del G7 con quelle compatibili del Sud globale. La ricerca dei precursori concreti di questo futuribile ne trova parecchi, il più interessante è l’accordo Imec per la connessione tra India e Mediterraneo firmata nel settembre 2023 a New Delhi da India, Emirati, Arabia, Giordania, Israele, Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Stati Uniti. Più interessante anche perché va oltre la tradizionale politica statunitense di separare le alleanze nel Pacifico e nell’Atlantico.



Ora tale accordo è bloccato dal conflitto a Gaza, ma è vivo. Pertanto non è una fantasia pensare che le nazioni del G7 possano formare con quelle più compatibili del Sud globale un nuovo organismo. Il nome? Quello futuro di un mercato a integrazione crescente potrebbe essere “Free Community”. Ma quello del progetto preliminare-esplorativo dovrebbe essere diverso, più emotivo per dare rilevanza al Sud del mondo. In materia, mi è venuto in mente un episodio di quando ero giovane ricercatore presso la Ohio State University, Columbus,1980. Un musicista israeliano suonò una variazione jazz della Notte sul monte Calvo (Mussorsgky) chiamando interventi di “Chicago Blues” (molto parlato) e uno studente di colore colse l’occasione: not South, not North, but Song. Quindi proporrei SONG (SOuth-North Group) come organizzazione di convergenza Sud-Nord sostituiva dei Brics e con dietro il sostegno del G7.

Ma per quale scopo oltre al vantaggio geopolitico (scala) nei confronti dei regimi autoritari? Tre: a) ciclo di capitale utile allo sviluppo degli emergenti e delle economie già mature; b) sostegno al percorso democratizzante delle semidemocrazie; c) ampia riglobalizzazione equilibrata. Sarebbe una vera Grand Strategy delle democrazie.

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