Nel presente intervento in due puntate, ci muoveremo alla ricerca dei tratti salienti della disoccupazione a stelle e strisce e della sua parte nascosta, la non partecipazione alle forze lavoro della nazione: un viaggio dentro e nel profondo degli States, sia a livello territoriale che sociale, nonché antropologico; il tutto dentro la cornice del quadro macroeconomico che serve da guida all’interpretazione tentata di tanti fenomeni.
Partendo subito dai dati, abbiamo che con una disoccupazione al 3,6-3,8%, gli Usa a luglio 2023 hanno circa 6 milioni di disoccupati, mentre la non partecipazione al mercato del lavoro da parte della popolazione potenzialmente attiva è dell’ordine dei 50 milioni circa. Disoccupazione e non partecipazione al mercato del lavoro sono sostanzialmente due vasi comunicanti con un unico flusso direzionale: chi esce fuori dal mercato del lavoro Usa non vi rientra più; diventa una condanna a vita scomparire dalle statistiche del mercato del lavoro e dell’economia produttiva.
Innanzitutto, dobbiamo precisare che le statistiche lavorative negli Usa sono basate sull’unità di misura della settimana lavorativa, dato il tenore enormemente più deregolamentato e privo di tutele sindacali del tipo di quelle europee; in sostanza, i sindacati negli States sono organizzati per settori produttivi e addirittura per specificità territoriali, mancando dell’afflato aggregazionista e universalista di quelli di tradizione europea; anche se va detto che ci sono state e ci sono reciproche influenze tra le due sponde dell’Atlantico, sia a livello organizzativo che culturale.
In effetti, il sindacato americano è stato sempre pensato e costruito per gli appartenenti alla forza lavoro, o meglio detto per chi un lavoro lo ha ottenuto e lo svolge, mentre l’entrata in disoccupazione fa venire meno l’azione del sindacato; al contrario, la matrice storica e ideologica di quello europeo del tipo continentale – e meno di quello britannico – è stata sempre a vocazione universalistica: la protezione e il miglioramento della forza lavoro complessivamente intesa, dando grande risalto pertanto alla non partecipazione al mercato del lavoro. Negli Usa, invece, data la connotazione prettamente mercatistica dell’organizzazione del lavoro, ciò che conta e ha sempre contato sono le settimane lavorate e quindi alla fine il reddito prodotto.
Quindi, una cosa subitanea che si può affermare con una certa linearità è che se Mr. Smith perde il proprio posto di lavoro vede da subito scemare in peggio la tutela sindacale; cioè tutte le guarantigie anche mediche vengono subito perse in disoccupazione, così come quelle finanziarie di fideiussioni e garanzie sui prestiti contratti, fino alle spese universitarie dei figli e alle assicurazioni financo sulle auto; non si scherza per nulla negli Usa, perché fino a quando produci il reddito per la nazione sei protetto e valorizzato, ma se ne esci fuori in maniera permanente soprattutto, sono guai serissimi, un cambio di vita radicale; ciò che resta è un’assistenza sindacale a trovare il prima possibile un nuovo posto di lavoro, ma tocca fare relativamente in fretta perché le statistiche americane ci dicono che se una persona supera le 25 settimane senza impiego entra nella disoccupazione di lungo periodo prima, e poi entro altre 30 settimane scompare dalle statistiche, in quanto ogni singolo cittadino americano sa che passate le 40 settimane di iscrizione presso gli uffici di disoccupazione scompaiono tutti i sussidi ordinari di disoccupazione e le stesse richieste per un lavoro simile a quello perso.
Tra le altre cose, proprio la pandemia da Covid-19 ha fatto vedere al mondo intero e agli americani stessi la pericolosità sociale e politica di tale sistema se integralmente mantenuto; insomma, la politica straordinaria dei sussidi è stata un’eccezione notevolissima al sistema, una grande aberrazione, un intervento similare al New Deal di Roosevelt, almeno dal punto di vista finanziario. Il collasso potenziale del sistema americano si è visto in maniera iconica tramite il fatto che repubblicani o democratici alla Casa Bianca e al Congresso, comunque si doveva intervenire; il resto, quello che sarebbe accaduto, lo stiamo sperimentando ora.
Ecco perché allora con un rientro della disoccupazione pressoché integrale, perlomeno per lo stesso livello di Pil, il Pil americano tra il 2022 e il 2023 fino a luglio cresce in modo basso; cioè i posti di lavoro assorbiti del tutto non sono fortemente produttivi. Una delle cause di questa anomalia sta proprio nel tipo di riduzione di disoccupazione che si è verificata, e cioè tantissima riduzione nel terziario e anche nell’avanzato, poca riduzione nel settore manifatturiero e primario, agricolo compreso; del resto, sono anni oramai che si dice che con la globalizzazione è stato delocalizzato tutto il manifatturiero nei luoghi del mondo dove i costi erano più bassi: la grande scommessa finora vinta dalla Cina.
Quindi, se Mr. Smith se era un bancario o un operatore dei mercati finanziari, rientra al lavoro maneggiando attività e operazioni che non danno spinta primaria e più efficace alla crescita del Pil della nazione, come farebbe in altro modo la ri-occupazione di un operaio.
Da questo punto di vista si può comprendere il piano del Presidente Biden da 1.700 miliardi di dollari per favorire tramite agevolazioni fiscali gigantesche, nonché finanziarie, il ritorno e l’implementazione di manifattura ex novo e più moderna nel suo Paese; lasciamo da parte in questa trattazione la ricaduta finanziaria e valutaria di questi interventi, nonché la reazione di Wall Sreet e delle istituzioni finanziarie.
A questo punto, se dovessi esprimere un mio convincimento su tutte queste azioni della presidenza, convincimento fortemente basato su personali giudizi di valori, credo che sia troppo tardi per sperare in bacchette magiche utilizzando la forza del dollaro; ma tralasciamo tutto questo di nuovo e concentriamoci di nuovo sul mercato del lavoro.
Sappiamo così che la disoccupazione di lungo periodo, e cioè superiore alle 25 settimane dei 6 milioni di disoccupati, riguarda all’incirca 1,5 milioni di persone; in altri modi detto, queste persone sarà difficilissimo se non impossibile che rientrino nel mercato del lavoro; di fatto, in linea con quello che abbiamo illustrato precedentemente, passate altre 30 settimane andranno a ingrossare e alimentare la forza lavoro potenziale che non partecipa per nulla alle dinamiche occupazionali.
(1- continua)
giovanniricci669@gmail.com
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