Mancano due mesi all’insediamento dell’Amministrazione Trump e quindi c’è un tempo sufficiente per le nazioni principali dell’Ue per definire un pacchetto negoziale forte con la nuova conduzione statunitense. Questa preferirà trattative bilaterali con le euronazioni cardine come sempre fatto dagli Stati Uniti – non è un’invenzione di Trump – per evitare una coalizione condizionante di alleati. Pertanto è utile scenarizzare cosa dovrebbero fare gli europei più grandi in formato Ue e cosa in relazione bilaterale con l’America in concorrenza tra loro.
Per Francia, Germania, Italia, Spagna, Polonia e Olanda l’Ue è un moltiplicatore di potenza delle piccole dimensioni nazionali. Insieme hanno la forza di condizionare il resto dell’Ue. Ciò che appare utile per questi è: a) accelerare il trattato di libero scambio, pur inizialmente solo selettivo e poi evolutivo, tra Ue e il Mercosur; b) accelerare l’accordo economico con Il Regno Unito, passo implicito verso il Commonwealth e penso l’Australia, precorso dal recente partenariato strategico tra Londra e Berlino e dalla relazione privilegiata tra Londra e Roma, cercando una compensazione per Parigi tendenzialmente ostile affinché converga; c) rinforzare la relazione tra Ue e Norvegia con lo scopo di completare il fronte nordico, insieme a Svezia e Finlandia già nell’Ue oltre che nella Nato, per avere forza nel fronte artico, tra le massime priorità dell’America.
Siamo sicuri che tale strategia avrebbe forza sufficiente per evitare guai con l’Amministrazione Trump? Molto probabile, valutando che quando la prima Amministrazione Trump si ritirò dal Tpp nel Pacifico e pressò il Giappone, Tokyo fece subito un trattato commerciale con l’Ue per propria garanzia, oltre che con l’America. Così come il Canada pressato per una revisione meno conveniente del trattato commerciale nordamericano. È interesse dell’America – certamente della sua burocrazia imperiale che se anche “trumpizzata” manterrà un’idea bipartisan di priorità di come mantenere la forza dell’impero – non costringere gli alleati a compattarsi per condizionare l’America stessa.
La Cdu-Csu, probabile partito vittorioso nel 2025 in Germania, ha come priorità da tempo un trattato economico Ue/America. Ma sarà meglio procedere per gradi e lateralmente. In sintesi, l’Ue con modello export-led potrà così difenderlo in attesa di una riforma di efficienza interna dei suoi Stati, non facile né breve. Mosse Ue più forti non appaiono probabili perché gli Stati principali sono in concorrenza geoeconomica e ciascuno negozierà bilateralmente con l’America per vantaggi, l’Italia per ottenere più investimenti americani – flussi già visibili – e accessi ai programmi di superiorità tecnologica statunitense perché correttamente non si fida molto di Francia e Germania pur cercando convergenze selettive con loro.
In conclusione, l’Ue non deve aver paura di Trump, né puntare a un’autonomia strategica infattibile perché è abbastanza forte per trovare compromessi così come l’America senza europei non potrà mantenere il primato globale. Sveglia: il potenziale europeo integrato e quello delle sue nazioni principali è maggiore di quanto molti pensano per trattare con l’Amministrazione Trump.
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