Dopo un anno e mezzo e tre milioni di morti credo sia chiaro al tutti: la lotta al Covid-19 non è un problema esclusivamente o principalmente di public health, di sanità pubblica, ma la terza guerra mondiale, iniziata (forse per errore) in Cina, coperta per un po’ dall’Organizzazione mondiale della sanità (di cui l’Italia è uno dei maggiori contribuenti tra apporto al bilancio ordinario e contributi “volontari”, anche se non conta nulla) ed estesasi in tutto il mondo.
La guerra al Covid-19 sta cambiando non solo l’economia internazionale, ma anche la geopolitica dei prossimi decenni. Ci sono Paesi che hanno subito capito che si trattava di una guerra, a livello mondiale. Il primo è stato la Repubblica Popolare Cinese, dove tutto è iniziato: una chiusura ferrea, con metodi polizieschi, delle zone colpite con misure che solo una dittatura millenaria può permettersi. Taiwan, l’Australia e la Nuova Zelanda hanno bloccato le frontiere in autodifesa e adottato programmi severi di tracciamento. Qualcosa di simile ha caratterizzato le difese erette dalla Corea del Sud, che poteva basarsi anche sull’esperienza di una precedente pandemia di origine cinese. Africa e America Latina sono nel caos. Di India meglio non parlare. Poche notizie arrivano da Federazione Russa e da Asia centrale.
Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, dopo alcuni tentennamenti, sono partiti lancia in resta: chiusure di frontiere e massicci programmi di vaccinazione, nonché di sostegni ai comparti più colpiti. Mio nipote (con cittadinanza sia francese, sia inglese) lavora a Londra alla Commonwealth Development Corporation e da oltre un anno non può andare a trovare i congiunti in Francia. Un mio amico che risiede a Washington ma è italiano – e passa in Italia più di cinque mesi l’anno – aveva programmato di venire a Roma dove ha casa e congiunti per la Pasqua 2020, ma è bloccato negli Stati Uniti. L’estate scorsa solamente grazie all’intervento di un mio amico ai piani alti della Farnesina, la moglie del figlio di una mia collega e amica è riuscita a volare da Chicago a Milano per ricongiungersi al consorte.
Sia Washington che Londra hanno adottato un programma aggressivo di vaccinazioni: a oggi duecento milioni di americani e quaranta milioni di britannici sono vaccinati. Hanno, poi, varato molto ampie misure di sostegno ai settori più colpiti. In materia di vaccini, Usa e Gran Bretagna da anni sostenevano anche con sussidi pubblici la ricerca farmaceutica e hanno gran parte degli impianti sul loro territorio e, pertanto, la priorità negli approvvigionamenti.
Nell’Unione europea ci si è mossi tardi e male. In Italia, primo Paese ferito quasi a morte, in un primo momento si è cincischiato su da dove venisse il virus e i leader di un partito che ambisce a guidare il Governo si sono esibiti in ridicole esibizioni di abbracci con cittadini cinesi. Quando i decessi hanno preso a incalzare, sono iniziate diatribe di lana caprina sulle “competenze” di Stato e Regioni. Non si è ascoltato il grido che veniva da Bergamo e Brescia innescando una letalità su cui sta indagando la magistratura. Dibattiti analoghi in molti Paesi dell’Ue. In Germania, è dovuta intervenire la Cancelliera Markel con la sua autorevolezza per mettere ordine. In Italia l’avvocato del popolo e il suo onnipresente portavoce hanno forse appreso che l’autorevolezza non si compra con comparsate televisive.
Nell’Ue alla diatribe tra barracuda-esperti di diritto costituzionale e amministrativo si sono aggiunte quelle tra barracuda-esperti di diritto internazionale e comunitario per delineare i possibili interventi dell’Unione. Mentre la pandemia si estendeva e mieteva vite umane, il cincischiare ha portato alla decisione di affidare alla Commissione europea il compito di acquistare vaccini per tutti gli Stati membri, senza tenere conto che la Commissione non ha alcuna esperienza in materia. La Commissione, dal canto suo, ha dimenticato il vecchio detto britannico secondo cui beggars cannot be choosy, i mendicati non possono essere selettivi. Ha giocato al ribasso per spuntare i prezzi migliori; a tal fine ha anche accettato clausole secondo le quali le imprese fornitrici non avevano obblighi precisi per le consegne ma unicamente l’impegno a fare del loro meglio (best effort) a rispettare un calendario. I contratti sono stati “secretati” perché sono da vergognarsi. In effetti, l’Ue da anni sotto-finanzia la sanità (chi più e chi meno) e ha rinunciato a finanziare la ricerca farmaceutica. La francese Sanofi si è impegnata oltre un anno fa a sviluppare un vaccino “europeo”; ora pare abbia rinunciato agli sforzi. Tutto ciò non ha influito positivamente su come i cittadini, non solo italiani ma dei 27 Stati membri dell’Ue, vedono le istituzioni comunitarie.
Occorre ricordare che due volte nel 2005 (Rapport Beffa) e nel 2012 (Rapport Gallois) la Francia ha formulato proposte per la creazione di “campioni europei” nel settore. Nel 2005 ebbe l’appoggio del Governo Berlusconi, nel 2012 (Governo Monti) le proposte ebbero poca eco anche in quanto si era alle prese con una severa manovra di riassetto della finanza pubblica.
Ciascun Paese europeo fa più o meno da sé. Con esiti deludenti, in Italia ad esempio non si è colta l’occasione del Piano nazionale di ripresa e resilienza per potenziare adeguatamente la sanità e incoraggiare l’industria farmaceutica nazionale a sviluppare e produrre vaccini (tanto più che la guerra non finirà presto e la vaccinazioni dovranno essere ripetute per anni).
Si cade anche nel tragicomico. Basta sfogliare il New York International, Le Monde e Frankfurter Allgemeine Zeitung per avere una sensazione di quanto sia grave la variante indiana del Covid-19: gli italiani, quindi, hanno accolto con gioia la notizia che il ministro della Salute aveva firmato un’ordinanza con cui si bloccavano voli dall’India e per l’India. Sempre possibili triangolazioni quali volare da New Delhi a Dubai e da lì a Roma o Milano, ma più complicato e costoso. Ci si è accorti che qualche anima bella ha messo una manina per esentare dal divieto di giungere in Italia i congiunti di chi risiede nel Bel Paese e chi viaggia per lavoro: in pratica si applica solo a eventuali turisti indiani che vengono a vedere il Colosseo. Il 28 aprile un volo di Air India è atterrato a Fiumicino con 250 passeggeri il 10% dei quali è risultato positivo alla “variante indiana”. Ora sono in quarantena, a spesa dei contribuenti, allo Sheraton Hotel nei pressi dell’aeroporto. Protestano per la qualità del cibo e per non poter andare in piscina. Di fronte all’insistenza della stampa, l’ordinanza è stata modificata. Troppo tardi, la variante sta creando focolai nel Pontino.
L’Ue uscirà dalla terza guerra mondiale con le ossa rotte. E l’Italia forse anche peggio, soprattutto se invece di difendersi con tutte le armi possibile si discetta su ius soli, proposta di legge Zan e voto ai sedicenni.
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