Una ricerca firmata da Francesco Galietti e Letizia Zingoni, co-fondatori del noto istituto di ricerca “Policy sonar” (Roma), fonte molto raffinata di analisi sull’Italia sia per attori nazionali che esteri, fornisce motivi ben argomentati per riflettere sulla presenza cinese e russa in aziende italiane rilevanti, e conseguente influenza sulla politica italiana: è più marcata di quanto comunemente si pensi e si notano casi rilevanti di collaborazione sino-russa. La ricerca, presentata qualche giorni fa al pubblico, è stata commissionata dalla fondazione tedesca Hanns Seidel Stiftung e ciò svela la necessità di un monitoraggio comune nelle due nazioni sulle relazioni con Cina e Russia.



Il contesto. Germania e Italia, in quanto potenze esportatrici con approccio mercantilista (cioè non condizionato da scelte selettive di tipo geopolitico) hanno spinto da decenni una relazione di reciprocità commerciale e collaborazione industriale con Russia e Cina. Il cambiamento di mondo dovuto alla guerra economica avviata nel 2017 dagli Stati Uniti contro la Cina e dal 2022 dall’Ue e membri del G7 più pesantemente (sanzioni) contro la Russia ha modificato la globalizzazione, e quindi reso più condizionato dalla geopolitica il mercantilismo, quasi impedendolo. La Germania è in enorme difficoltà per la perdita del mercato russo, sia export sia importazione di energia a basso costo, e per il fatto che le aziende cinesi, dopo aver copiato il copiabile delle tecnologie tedesche (e non solo), ora produce beni in concorrenza con i prodotti germanici, per esempio le auto elettriche.



L’Italia ha subito un danno stimabile tra i 12 e i 15 miliardi per la perdita dell’export verso la Russia. La sostituzione dell’importazione di gas, aumentando quella dall’Algeria e Mar Caspio via tubo e dall’Africa meridionale e Qatar via navi gasifere è stata rapida durante il Governo Draghi, ma comporta costi energetici crescenti. L’Italia non sta avendo danni eccessivi dalla frizione del G7 con la Cina perché il suo export verso quell’area è limitato. Ma la Cina da tempo ha individuato l’Italia come nazione vulnerabile al condizionamento e attuato una strategia di presenza condizionante in settori chiave. Ora l’Italia si è staccata, con diplomazia morbida, dall’accordo con la Cina come partecipante alla Via della seta. Ma la presenza di investimenti cinesi è ancora forte.



L’aver scoperto una collaborazione più stretta tra attori cinesi e russi, che certamente è seguita con attenzione dall’intelligence italiana, comporta un problema geopolitico non piccolo per l’Italia.

La cautela del Governo è comprensibile. C’è un forte consenso pro-russo. Le circa 400 aziende della Confindustria italiana di Mosca non hanno certamente gradito le sanzioni limitative e i limiti crescenti alla possibilità di triangolazioni per incremento del monitoraggio su di esse. Nei confronti della Cina, poi, c’è un atteggiamento prudentissimo che cerca un equilibrio tra volontà statunitense di ridurre le relazioni con la Cina e la presenza in Italia di attori rilevanti cinesi combinata con una posizione pro-cinese da parte di élite influenti. La recente convergenza “intrabellica” tra America e Cina che rende probabile l’abbandono del linguaggio del “decoupling” (disaccoppiamento) a favore di quello del “de-risking” (sanzioni solo selettive in materie di rilevanza strategica e non più ostilità generale) potrebbe ridurre il problema individuato dalla ricerca di “Policy sonar”? Potrebbe.

Sarebbe interesse comune di Italia e Germania ottenere il “permesso” dagli Stati Uniti di mantenere relazioni commerciali non strategiche con la Cina in cambio di una lealtà ferrea pro-Nato di Roma e Berlino (che c’è). Ma al riguardo della presenza cinese va ricordato che Pechino obbliga le sue aziende e istituzioni finanziarie a fornire dati all’intelligence e alla funzione di furto tecnologico. Inoltre, la collaborazione sino-russa andrebbe resa trasparente e conforme alle sanzioni contro Mosca, sperando che tra qualche anno si riducano. Quindi c’è un aggiustamento da fare, di trasparenza: la ricerca di “Policy sonar” ha avuto il merito di definire con buona precisione il perimetro di tale aggiustamento.

www.carlopelanda.com

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