Tre indizi fanno una prova. È in atto un confronto militare, economico e geopolitico tra Usa, Cina e Russia. L’Europa di fatto è un campo di battaglia economico e militare. Rischia ora di costituire solo un danno collaterale.
Il primo indizio e che l’ultima parità euro-dollaro risaliva 2002, all’inizio della moneta unica per l’Europa, questa svalutazione dell’euro significa che sarà più caro acquistare prodotti di importazione. Soprattutto i prodotti petroliferi che vengono commerciati sul mercato globale in dollari e che godono di una domanda molto rigida, poiché non possiamo in tempi brevi fare a meno di tali beni. Al contrario con il dollaro alla pari, le esportazioni oltreoceano saranno agevolate. Gli Usa sono il terzo mercato per il Made in Italy dopo Germania e Francia e primo mercato fuori dell’Europa. A trascinare in alto il dollaro è stata la politica monetaria della Federal Reserve che dall’inizio dell’anno ha alzato i tassi di interesse del 2,25% e dell’1,50% negli ultimi due mesi. Tutto questo per contrastare l’inflazione da eccesso di domanda che flagella gli Usa. Oltre l’euro tutte le valute principali hanno subito la politica monetaria della Fed.
Tassi più alti aiutano gli investimenti americani
Tassi di interesse più alti significano maggiori investimenti dall’estero che rafforzano ulteriormente la valuta americana. Le settimane scorse anche la Bce dopo circa dieci anni ha alzato i tassi di interesse ottenendo una parziale rivalutazione dell’euro. La Cina dal canto suo sta subendo il ritorno del Covid che zavorra la crescita, considerando che lo yuan era già debole per scelta politica al fine di stimolare le esportazioni. Il prezzo dei prodotti petroliferi scambiati in dollari è cresciuto molto nel 2021, da prima della guerra. Tali aumenti peggiorano il clima delle transazioni economiche e peggiorano il Pil del mondo, ma aiutano il dollaro e fanno affluire capitali oltreoceano grazie ai rendimenti più alti. Alla fine il piccolo rentier europeo troverà nel dollaro un sicuro rifugio e sosterrà l’economia americana invece di quella europea.
Il secondo indizio – La situazione cinese
Guardando l’orizzonte Pacifico vediamo invece che il Giappone rimane il primo detentore del debito pubblico Usa anche se la la quota acquisita scende a maggio del 4% arrivando a circa 1.21 milioni di miliardi di dollari. La quota di debito americano acquisita dal dragone cinese, invece, è scesa per la prima volta dal 2010 sotto il trilione di dollari (un milione di miliardi). Ha perso il 9% in un anno, arrivando a maggio a quota 981 miliardi di dollari. E continua a scendere. L’Amministrazione Biden sta rinegoziando con la Cina anche l’abbassamento di alcune barriere tariffarie in ingresso. Ma questo non basta a Pechino. La Cina vende dollari e acquista yuan e sta scaricando gradualmente i T-Bond americani. La mossa palesa la volontà di temperare il ritmo dell’apprezzamento del dollaro Usa. Ma potrebbe anche celare l’intento di indebolire l’economia americana inficiandone il ruolo di economia guida e garante della globalizzazione.
In Russia il terzo indizio che chiude il cerchio
È notizia recente corroborata da immagini satellitari e da testimonianze oculari. Gazprom starebbe bruciando, senza utilizzarlo, il metano che si presume estratto in eccedenza alle quote di mercato. Secondo la stampa specializzata questo significa che la Russia non ha mercato per tutto il suo gas e quindi lo distrugge con una operazione definita “Flaming”. Da questo si dovrebbe dedurre che la Russia non riesce a vendere il suo gas e la sua economia ne comincerebbe a soffrire. Ma, aggiungiamo alla notizia del Flaming il dato di fatto che alla borsa di Amsterdam il prezzo del metano è aumentato dall’inizio del 2021 dell’800%. Questo ci permette di avere un’informazione: in realtà Gazprom, se veramente brucia il metano in eccesso, lo fa per non venderlo. Non ne ha bisogno grazie al mostruoso aumento dei prezzi che sostiene la sua economia. Inoltre, abbassando l’offerta mantiene la spinta inflattiva esogena sulle economie europee.
Ma torniamo in Europa
Con l’invasione russa dell’Ucraina l’Europa è entrata nell’occhio di un ciclone economico, geopolitico e militare. Il clima è di guerra per procura combattuta in Ucraina tra russi e americani con la Cina come alleato o concorrente occulto. L’Europa dipende pesantemente dal gas russo e per prima la Germania che non a caso ha registrato in giugno il primo deficit commerciale dal 1991. L’incremento dei costi energetici ha impattato con forza sui consumatori, sulle famiglie e sulle aziende. Questo ha intorbidito tutti gli scenari possibili di crescita. Le borse con i mercati primari e secondari offrono la possibilità agli investitori di organizzarsi in attesa di una recessione europea. Senza considerare lo spettro autunnale del razionamento del gas che imbrunirebbe le tinte già abbastanza fosche del nostro immediato futuro. Queste paure indirettamente sono anche quelle che hanno contribuito all’odierna debolezza dell’euro. I fatti susseguenti potrebbero dirci che in questa guerra l’Europa è solo un danno collaterale.
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