Tra le regole che il nuovo mondo richiede di cambiare ci sono certamente anche quelle del Wto, l’Organizzazione mondiale del commercio che ha sede a Ginevra e che dal 1995 sovrintende agli accordi e agli scambi internazionali riunendo più di centosessanta Paesi.
Come in quasi tutti i campi di attività, la pandemia ha creato una cesura tra il prima e il dopo modificando o accelerando le tendenze in atto. In questo caso sembrano entrare in crisi le relazioni a lungo raggio e il multilateralismo che sono alla base del fenomeno conosciuto come globalizzazione.
Dunque, catene del valore più corte (dettate dalla necessità delle imprese di approvvigionarsi il più vicino possibile) e proliferazione di accordi bilaterali (più semplici e immediati e spesso più efficaci) stanno cambiando l’impalcatura delle intese globali con ricadute che è presto valutare.
Certo, la rivoluzione in atto non lascia indifferenti. E la nuova direttrice generale del Wto, la nigeriana Ngozi Okonjo-Iweala, è venuta in Italia in questi giorni per prendere parte a due momenti molto importanti al fine di promuovere la sua missione e incassare qualche vantaggio per il prossimo futuro.
Appuntamento al G20, dunque, assieme ai capi di Stato e di governo delle principali economie del mondo, e partecipazione in veste di ospite d’onore all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università Guido Carli dove ha ricevuto, tra l’altro, il riconoscimento del dottorato di ricerca onorario in Politics.
Ora è noto a tutti che dove passano le merci non passano i cannoni. E che tenere aperti e funzionanti tutti i canali di connessione e comunicazione è un esercizio fondamentale per la tenuta della democrazia e il rispetto della pace. Di qui il significato strategico dell’Istituzione ginevrina.
Come per tutti gli organismi viventi, e il Covid-19 ha impartito su questo una dura lezione, anche per il Wto vige il principio che per non scomparire occorre adattarsi alle nuove condizioni. Dettate, nel caso in specie, dall’imperfetto funzionamento del modello esistente messo in crisi dal virus.
È interessante notare la piena consapevolezza della più alta dirigente del Wto rispetto a questa necessità di cambiamento fatta filtrare nei ringraziamenti rivolti all’Ateneo presieduto da Vincenzo Boccia: non tanto per l’onore ricevuto in quanto tale, ma, soprattutto, per il momento in cui la scelta è caduta.
Un gesto considerato come fonte d’incoraggiamento di fronte a compiti che si presentano sempre più complessi, come la società che si sta formando intorno a noi, e difficili da risolvere in un contesto che fa dell’immagine del caleidoscopio il suo tratto distintivo. Tanti, troppi pezzi da incastrare.
Per recuperare la fiducia di persone, imprese e mercati – e sostenere un sistema commerciale che torni con convinzione ai principii del multilateralismo e delle filiere lunghe – anche la diplomazia dovrà rispondere ai criteri di una società aperta, inclusiva, sostenibile, in grado di ridurre le disuguaglianze.
Mai come in questo caso appare evidente che i comportamenti individuali e collettivi, del settore pubblico e di quello privato, dei piccoli organismi e dei consessi internazionali dovranno ispirarsi a una stessa logica contribuendo a realizzare il paradigma che dovrà governare il nuovo stato delle cose.
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