Gli indici prodotti dall’Università del Michigan sulla fiducia dei consumatori ieri hanno segnalato aspettative in peggioramento sulle condizioni dell’economia, ma in rialzo sui prezzi. Nonostante i consumatori americani siano meno ottimisti sull’andamento dell’economia sono più preoccupati per il rialzo dei prezzi. Alla vigilia di una settimana in cui i mercati saranno concentrati sull’inflazione americana ad aprile, in uscita mercoledì prossimo, il dato è stato sufficiente per imprimere un’accelerazione al rendimento delle obbligazioni americane.
Le ultime settimane stanno consolidando uno scenario di stagflazione in cui l’inflazione rimane elevata nonostante il rallentamento economico. Questo è sicuramente vero per gli Stati Uniti e meno per l’Europa che in queste settimane assiste a dati sull’inflazione inferiori al 2%. La Bce intanto si appresta a iniziare un ciclo di espansione monetaria e a tagliare i tassi. L’andamento economico americano, il deficit pubblico di Washington sensibilmente sopra la media e condizioni finanziarie che rimangono favorevoli hanno un effetto sui prezzi che non rimane circoscritto all’altra sponda dell’Atlantico, ma che impatta, per esempio, il valore delle materie prime e dei mercati finanziari. Anche i consumi americani incidono sui prezzi di tutti inclusi quelli degli europei.
Uno scenario di stagflazione rende la lettura dei dati economici sia delle imprese che delle famiglie più complicata. Negli ultimi anni l’impatto dell’inflazione si è scaricato dentro la società in modo diverso a seconda delle fasce di reddito e degli incrementi salariali che i lavoratori riuscivano a ottenere. Le imprese, con esclusione di qualche eccezione, hanno registrato un’espansione dei margini e degli utili. Questo è avvenuto in una fase di forte recupero dell’economia e di crescita del Pil. Se lo scenario cambia e i prezzi non scendono o rimangono elevati in un quadro di rallentamento economico, la conseguenza sarà un ampliamento delle differenze tra fasce della popolazione e una divaricazione dell’andamento tra settori che riescono a passare i prezzi sui consumatori e gli altri. I dati “sintetici” sulla crescita del Pil e sui prezzi diventano meno significativi e restituiscono in misura ridotta quello che sta veramente succedendo nelle famiglie e nelle imprese. Questa è una sfida per la politica.
Gli Stati Uniti entrano in un una fase di stagflazione con i prezzi dell’elettricità e del gas ai minimi, con un mercato del lavoro ancora in salute e si apprestano a introdurre nuovi dazi per rilanciare l’economia e l’industria americane; nel frattempo assumono un approccio molto più realistico sui tempi e sui costi della transizione energetica spaventati dai suoi costi. La stagflazione dal punto di vista americano e con il bonus della valuta di riserva è un pericolo che si può controllare.
Dal punto di vista europeo, invece, alla vigilia di un divaricamento della politica monetaria della Bce rispetto a quella americana, la prospettiva è diversa. All’Europa forse converrebbe convincere l’America a scalare le marce del deficit pubblico e a contenere le spinte protezionistiche. Diversamente agli europei toccherebbe pagare il conto delle politiche e della reindustrializzazione americane senza averne i benefici. Questo processo iniziato con una presidenza “amica” rischia di subire un’accelerazione in caso di un ritorno di Trump alla Casa Bianca.
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