Il ministero delle Finanze cinese martedì ha ribadito l’intenzione di aumentare la spesa pubblica privilegiando i consumi per sostenere l’economia nel 2025. Pechino deve sostenere la crescita alla vigilia dell’introduzione dei dazi da parte degli Stati Uniti sui suoi prodotti. L’economia cinese vive infatti di un modello basato su industria ed esportazioni in cui la componente degli investimenti sul Pil è sproporzionata rispetto a quella dei consumi; nel sistema cinese si è scientemente scelto di sussidiare la produzione e l’industria a discapito dei consumi delle famiglie.
Questo modello ha funzionato per decenni in una fase di globalizzazione in cui beni, servizi e capitali si spostavano da una parte all’altra del globo senza problemi. Gli Stati Uniti, se Trump darà seguito a quanto promesso in campagna elettorale, hanno messo in campo l’arma dei dazi per riequilibrare gli squilibri commerciali e della bilancia dei pagamenti e questo mette in crisi il modello su cui la Cina ha costruito la propria economia.
Il Governo di Pechino decide quindi di spingere sui consumi per rimpiazzare la domanda “americana” con quella nazionale, ma la trasformazione non è scontata. Oltre al tempo si tratta di cambiare una mentalità consolidata tra le famiglie cinesi che antepongono ai consumi il risparmio o l’acquisto di case. Non è certo che i programmi del Governo cinese abbiano successo, soprattutto nel breve termine.
È una fase delicata perché anche il disegno di Trump comporta rischi; per riequilibrare l’economia americana deve mettere in conto il rischio di prezzi più alti dato che lo stesso prodotto fatto in Cina o in America non ha lo stesso prezzo. La Cina “fabbrica del mondo” per una generazione ha esportato deflazione e permesso agli Stati Uniti di contenere i prezzi nonostante l’esplosione del bilancio della Fed e i tassi a zero dopo il fallimento di Lehman Brothers. Oggi gli Stati Uniti viaggiano su livelli di deficit già molto alti e, recessioni escluse, i rischi che Trump si trovi in una situazione simile a quella di Biden, con i prezzi in ascesa, è reale.
Da mesi si specula che Cina e Stati Uniti possano risolvere l’incertezza con un accordo che renda possibile guidare il cambiamento senza contraccolpi eccessivi. Anche nell’ipotesi di un accordo rimangono comunque i rischi di una fase che comporta cambiamenti strutturali per le due maggiori economie del globo. Qualsiasi valvola di sfogo le due economie possano immaginare per attutire gli impatti di questa transizione diventa preziosa. Tutto indica l’Europa come possibile camera di compensazione per assorbire le esportazioni cinesi e americane e come mercato da cui attingere risparmi in una fase di interessi più alti.
La decisione del Governo cinese di spingere sul deficit per stimolare i consumi dimostra che i cambiamenti stanno per arrivare e che questa è una fase negoziale in cui ci si prepara a un possibile accordo. Le negoziazioni entreranno nel vivo appena dopo l’insediamento di Trump. Firmato l’accordo tra Pechino e Washington, se questo sarà il caso, lo spazio di manovra europeo è destinato a restringersi e l’Unione dovrà giocare con regole decise da altri.
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