“La Cina stabilizzerà e migliorerà il sistema di governance dell’economia delle piattaforme, dando uguale importanza allo sviluppo e alla regolamentazione, fra gli sforzi per promuovere una concorrenza leale, combattere il monopolio e prevenire l’espansione disordinata del capitale”. Non poteva essere più chiaro Xi Jinping che durante la nona riunione del Comitato centrale per gli affari finanziari ed economici ha tratteggiato la strategia con cui il PCC intende porre sotto controllo il settore FinTech. 



I motivi che hanno realmente ispirato Xi sono oggetto di dibatto e hanno alimentato interpretazioni opposte. C’è chi ipotizza che questa strategia sia destinata a interrompere bruscamente l’espansione del settore finanziario e tecnologico cinese e chi crede che il PCC stia inesorabilmente estendendo il suo controllo a tutte le attività principali del Paese, ma la realtà è più complessa e restituisce uno scenario in cui convivono in modo contraddittorio tendenze monopolistiche, lotta per la supremazia tecnologica ed espansione finanziaria. 



La decisione della Cyberspace Administration of China (CAC) di avviare un’azione repressiva contro Didi Chuxing – una società di rete specializzata nei trasporti assimilabile a Uber – nel nome della sicurezza dei dati personali, colpisce a pochi giorni dal successo ottenuto sul mercato azionario americano da un’impresa in grado di quotarsi New York Stock Exchange con una IPO da 4,4 miliardi di dollari. Una decisione non dissimile da quella presa ai danni di un altro colosso del FinTech, cioè Ant Group di Jack Ma, anch’esso fortemente sanzionato dalle autorità cinesi alla viglia di una colossale IPO del valore di 37 miliardi di dollari. 



La ratio di questi interventi va rintracciata nelle parole di Xi che parlando di “espansione disordinata del capitale” ha descritto una dinamica finanziaria che rischiava di andare fuori controllo e che rappresenta il lato oscuro di una crescita spettacolare che ha visto il Pil raggiungere il +18,3% nei primi tre mesi dell’anno. 

Non ha torto chi come Carlo Pelanda mette in relazione il crescente livello di indebitamento delle impese locali alla fame di liquidità del sistema finanziario cinese, ma il discorso andrebbe esteso al FinTech anche a costo di fare i conti con un apparente dilemma. Perché il PCC colpisce in un momento di debolezza finanziaria dei soggetti che apparentemente promettono dei successi spettacolari? 

La risposta va rintracciata su più livelli e riguarda direttamente il tentativo del Governo cinese di rendere più salde le basi del sistema finanziario nazionale in vista del varo dello yuan digitale, che nei suoi desiderata dovrebbe avvenire prima delle Olimpiadi invernali di Pechino del 2022. Quando lo yuan digitale avrà raggiunto ampia circolazione non dovrà avere come competitori i grandi conglomerati FinTech come Alibaba e Trecent i quali, nell’ormai superata fase di espansione, hanno giocato sulla poca chiarezza nella distinzione fra sistemi di credito e sistemi di pagamento, controllando, al contempo, gli acquisti, i presti e gli investimenti on line. I giganti del settore FinTech rappresentano anche un problema per la gestione dei dati personali andando a impattare quella che forse rappresenta la sfida strategica più importante per il Governo cinese, ovvero lo sviluppo di un sistema di Intelligenza Artificiale che per essere realizzato ha bisogno di colossali quantità di dati e che investe ogni aspetto della vita pubblica, economica e militare della società cinese. Una volta che i giganti del FinTech sono passati dai pagamenti digitali all’online banking, agli investimenti, alle assicurazioni e ad altri servizi finanziari hanno rappresentato dei concorrenti troppo ingombranti per la People’s Bank of China (Pboc) che è probabilmente la Banca centrale più all’avanguardia nello sviluppo di una moneta digitale. 

Una questione che riguarda, quindi, il dominio dei dati personali e che permette il controllo diretto e immediato del ciclo monetario come mai è avvenuto nella storia economica. Anche per questo motivo giustificare le misure repressive ai danni dei giganti del FinTech come misure contro soggetti monopolisti sottende una grande dose di ironia. Non può sfuggire agli osservatori più attenti che in realtà è il proprio il Governo cinese a puntare a una posizione dominante, riconfigurando a proprio vantaggio i rapporti di forza con i Big Five del FinTech cinese. Uno scenario in cui è probabile che Ant Group, Tencent, JD Technology, Ping An e Du Xiaoman Financial, venendo a patti con il Governo cinese, daranno vita a unico grande conglomerato FinTech in grado di offrire servizi finanziari integrati gestiti dal più efficiente sistema di IA. A quel punto non sarebbe difficile immaginare un mondo distopico in cui il sistema economico cinese alimenti a livello globale l’offerta della propria moneta digitale che servirebbe alle altre economie nazionali per compare le merci prodotte in Cina, avendo, chissà, come unico competitor non uno Stato sovrano, ma una società come Amazon.

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