Un chiarimento realistico della situazione geo-economica globale dopo il G20 è utile, in particolare per l’export italiano da cui dipende uno dei principali fattori di crescita del Pil. Il bilaterale tra America e Cina non ha modificato la relazione conflittuale tra le due potenze: la ha solo incanalata affinché non degeneri in guerra calda, ma senza interrompere la strategia statunitense di limitare lo sviluppo tecnologico cinese e l’espansione dell’influenza globale di Pechino. Ciò permette un certo spazio all’export italiano e tedesco senza incorrere in sanzioni americane e concordato con Washington, ma molto limitato e vigilato dal divieto di concedere alla Cina insediamenti condizionanti nelle nazioni europee o un’eccessiva dipendenza dal suo mercato.
Infatti, il Governo tedesco, su iniziativa del ministero degli Esteri, ha creato uno schema di controllo e disincentivi alle aziende troppo esposte a flussi con la Cina nonostante la recente visita di Olaf Scholz a Pechino. Quindi resta il problema per Roma e Berlino di trovare alternative sia all’interruzione dei commerci con la Russia e alla riduzione prospettica di quelli con la Cina sia alla dipendenza dalle loro forniture.
La soluzione è spingere l’Ue a siglare accordi economici per il mercato unico europeo con il più possibile di altre nazioni. Un accordo è già pronto da tempo con il Mercosur, ma è finora stato bloccato da una conduzione anti-ambientalista del Brasile: ora è probabile lo sblocco. Forse anche con il Messico. I colloqui con l’India sono promettenti. L’accordo con la Nuova Zelanda anticipa di qualche mese quello con l’Australia. Inoltre, l’Ue ha fatto una mossa saggia: trattare con tutta l’Africa, attraverso la sua organizzazione continentale, considerando che le sue tre organizzazioni di libero scambio sono in fase di integrazione. In sintesi, ci sono trattati economici siglati o in evoluzione o allo studio con 78 nazioni. Per inciso, quelli siglati con Canada e Giappone hanno dato un particolare vantaggio all’export italiano.
Un’altra azione fondamentale dell’Ue è quella di rendere più “liscia” la relazione commerciale con gli Stati Uniti, massimo mercato di sbocco per tutti gli europei, ma incline al protezionismo: a dicembre un negoziato specifico.
In sintesi, è osservabile una tendenza europea a contrastare gli effetti depressivi della deglobalizzazione conflittuale con una riglobalizzazione selettiva, cioè con la formazione di un mercato molto ampio regolato da trattati bilaterali che rendono sicure, assicurabili e incentivabili da politiche nazionali o europee le operazioni sia di export, sia di rifornimento di materiali critici. Pertanto gli interessi industriali italiani, e la politica, dovrebbero sostenere questa strategia dell’Ue che moltiplica sostanzialmente la forza dell’industria italiana.
www.carlopelanda.com
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