Giovedì il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sulla “Russia, il caso di Alexei Navalny, il dispiegamento militare ai confini con l’Ucraina e gli attacchi russi nella Repubblica Ceca”. Nel testo della risoluzione si legge che “di fronte alla possibilità che in futuro questa escalation militare si trasformi in un’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione russa”, allora “le importazioni di petrolio e gas dalla Russia all’Ue dovrebbero essere immediatamente interrotte” e “la Russia dovrebbe essere esclusa dal sistema di pagamento Swift”. Nella risoluzione si chiede anche all’Ue di bloccare la costruzione del Nord Stream 2 e di ridurre la dipendenza energetica dalla Russia.
Le tensioni in Ucraina sembrano essere rientrate e parte delle truppe che la Russia aveva spostato vicino al confine sono rientrate anche se i mezzi rimangono in “loco”. Anche i mezzi ucraini rimangono molto più vicini al confine di quanto non lo fossero tre mesi fa. La situazione rimane problematica nonostante una parziale “de-escalation”. Quello che è certo in questo scenario è che qualsiasi peggioramento delle relazioni con la Russia ha un effetto sull’economia e sul sistema europei molto pronunciato. Il primo giro di sanzioni ha falcidiato diversi settori italiani, ma le forniture energetiche sono rimaste. Se le tensioni dovessero continuare e se l’Europa vuole avere una politica autonoma occorre fare un’analisi realistica e prepararsi con molti anni di anticipo.
Bloccare le importazioni di gas e petrolio russi ed escludere Mosca dal sistema Swift comporterebbe enormi problemi alle forniture energetiche di diversi Paesi europei e le conseguenze su imprese e famiglie sarebbero inevitabili. In Europa ci sono diverse sensibilità sul tema perché il mix energetico dei Paesi membri è molto diverso.
L’Europa in altre parole può punire la Russia escludendola dal sistema di pagamenti Swift e smettendo di comprare il suo gas e il suo petrolio, ma si deve porre il problema di come sostituire quelle forniture e con che costi. L’alleato americano non ha questi problemi potendo contare su giacimenti di petrolio e gas e non avendo relazioni commerciali degne di nota. In una situazione di questo tipo l’Unione europea difficilmente potrebbe giocare un ruolo da protagonista e “terzo” rispetto agli altri attori globali.
Anche l’Italia si dovrebbe fare un esame di coscienza. L’Italia ha perso la Libia definitivamente nel 2020 quando la Turchia mandava le armi e faceva quello che gli italiani non avevano il coraggio di fare. Oggi la Turchia è stabilmente insediata dall’altra parte del Mediterraneo; la sua appartenenza alla Nato diventa ogni giorno più problematica e le tensioni stanno evidentemente crescendo come testimoniato dalle dichiarazioni di Draghi di settimana scorsa. Non è passato molto tempo da quando navi da guerra turche cacciavano la Saipem 12000 dalle acque di Cipro dove la nave di Saipem stava cercando idrocarburi. L’Egitto sarebbe un partner molto interessante dopo la scoperta del giacimento di gas di Zohr, ma le relazioni non sono eccelse. La Francia consegna la stessa legione d’onore, anzi in realtà persino meglio, che ha consegnato a diversi politici di primo piano italiani ad Al-Sisi a testimonianza che la relazione con l’Egitto è molto preziosa.
Si perde la Libia a favore della Turchia con cui poi si litiga, si vogliono sospendere le relazioni con l’Egitto mentre le relazioni con la Russia sono a rischio. Il problema della dipendenza energetica è un problema “europeo” e ancora di più italiano e di certo non si risolve, almeno per i prossimi dieci anni, con parchi eolici e tanto meno con pannelli solari.
Non si può avere una politica veramente autonoma e indipendente senza indipendenza energetica o senza approvvigionamenti certi. L’Europa può approvare la risoluzione, ma tutti si chiedono come esattamente intenda riscaldare le case dei suoi cittadini e a che costi. Se sbaglia, il problema politico sarebbe sia esterno che interno.
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