Nella giornata del 14 agosto si è avuto il cambio rublo/dollaro a 101 rubli per dollaro e ciò ha fatto gridare alla quasi generalità dei servizi giornalistici di televisione e stampa alla caduta del rublo e, quindi, alla connessa crisi che si sta iniziando a palesare dell’economia russa, la quale sarebbe sotto il giogo delle sanzioni occidentali.



Per dovere di cronaca va detto che nella mattinata del 15 agosto 2023 si è avuta la riunione straordinaria della Banca centrale russa che ha portato il tasso di riferimento dall’8,5% al 12%, contestualmente il cambio rublo/dollaro si è portato a a metà giornata del 15 di agosto a percorrere un intervallo di valori dai 95,80 rubli ai 99 rubli per dollaro.



Ricordiamo, inoltre, prima di tentare un’analisi, alcuni altri dati: dagli inizi di marzo 2023 il cambio del rublo è giunto ai 75 rubli per dollaro, mentre da giugno 2022 è oscillato tra quest’ultimo valore e financo i 50 rubli per dollaro; per quanto riguarda la bilancia commerciale abbiamo che a fine luglio 2023 si ha un surplus pari a 25,2 miliardi di dollari a fronte di quello dell’anno precedente pari a 47 miliardi circa,. Questa riduzione del valore assoluto dei surplus è il dato che fa dire a tanta stampa, anzi fa urlare a tanta stampa specializzata, della crisi dell’export russo dovute alle sanzioni e al price cap sul petrolio.



Se proprio vogliamo utilizzare uno stile più efficace, la bilancia commerciale russa è l’unica attiva in confronto a quelle occidentali, non parliamo poi del debitore leviatano che sono gli Usa. Quindi, con tassi di interesse simili a quelli della Fed, perlomeno fino al 14 agosto, il rublo russo è arrivato fino a una settimana fa a non superare comunque il valore dei 90 rubli per dollaro; poi, l’accelerata simbolica, e cioè il superamento dei 100 rubli per dollaro, dove giova ancora una volta ricordare che la bilancia commerciale russa sui primi sette mesi dell’anno è attiva per 25 miliardi di dollari; ciò significa che sul mercato delle esportazioni e delle importazioni di beni e servizi si domandano rubli in eccesso per comprare dalla Russia, dato che la stessa è una forte esportatrice netta.

D’altra parte, sul versante del movimento dei capitali dell’intera bilancia dei pagamenti, la Russia non è prenditrice di fondi dato che al contrario è stata eliminata dal finanziamento sui mercati finanziari internazionali, e quindi viene fuori la domanda di Pulcinella, e cioè chi vende rubli all’impazzata sul mercato dei capitali? La risposta è di un cristallino adamantino: sono le lunghe mane del Tesoro statunitense che tramite le banche d’affari internazionali JP Morgan e Goldman Sachs ha dato direttiva di vendere rubli all’impazzata; rubli che per averli a disposizione vengono fuori dalle triangolazioni finanziarie più fantasiose che tra le altre cose sono sempre a termine; cioè finito il bluff dei fuochi d’artificio vanno reintegrati.

La Russia che non ha alcun problema finanziario e ha un’economia in crescita, dove addirittura in PPA adeguata, curata dalla Banca Mondiale, si trova ad essere la quinta/quarta economia del mondo.

Pertanto, la Federazione russa ha a disposizione tre armi, che con linguaggio ellittico chiameremo la prima convenzionale e le seconde due nucleari; la prima arma che definiamo convenzionale è quella che si è attivata nella mattinata del 15 agosto, e cioè l’innalzamento dei tassi di riferimento della banca centrale; questa leva di ordinaria politica valutaria serve a spegnere gli incendi in maniera praticamente indolore, e verrà tenuta attiva contro il fenomeno speculativo ordito dagli Usa fino a tassi del 20% (ricordiamo sempre che gli stessi tassi Fed sono oramai al 5,5% con nessuna indicazione al momento del loro reale percorso).

Se non funzionasse la leva ordinaria sopra indicata, la Russia passerebbe allora a quelle che abbiamo definito le due armi atomiche finanziarie, e cioè taglio annunziato e programmato di ulteriori 2 milioni circa di produzione di barili di petrolio giornalieri fino a un anno di orizzonte, e se non bastasse l’effetto annunzio, l’implementazione effettiva.

Questa misura sarebbe immediatamente seguita dall’aggancio del rublo, in maniera fissata periodo per periodo, all’oro; queste ultime due misure nell’arco di soli due mesi all’incirca porterebbero di nuovo il rublo a quotazioni di 50 rubli per dollaro.

Questa illustrazione delle cose, basata ovviamente anche su propri giudizi di valore che vanno oltre la modellistica più spiccatamente macroeconomica e finanziaria, serve a dare un’immagine vasta e complessa della guerra a molte dimensioni che si sta combattendo.

Si può solo dire che anche gli interventi speculativi sul rublo sono tesi, come i tanti attacchi terroristici che la Russia ha subito in questo ultimo anno e mezzo di guerra, a minare il consenso e il benessere dell’opinione pubblica interna, cercando di mettere in moto dinamiche stile 1991 con Eltsin.

Personalmente, quello che mi preoccupa di più non è il fallimento praticamente certo di tutte queste azioni illusorie, quanto invece la determinazione e la protervia degli americani a non demordere lungo tale strade; da questo punto di vista, si potrebbe apprezzare al contrario la crisi intensa in cui sta entrando il sistema a stelle e strisce, che è capace di riprodurre azioni legate solo da dinamiche intrise di isteresi.

Stiamo sempre più pervenendo all’orizzonte degli eventi nel quale i bluff tenuti in vita nei modi più disperati possibili verranno a compimento, e uno di essi, certamente il più drammatico, è la strombazzata riuscita della contro offensiva ucraina. Un’operazione tutta di marketing, stile Hollywood, mentre al contrario problemi sempre più severi si stanno avvitando su stessi.

Ne abbiamo già parlato svariate volte, perché meritano sempre l’attenzione centrale, e cioè le tensioni che si stanno accumulando sui mercati delle materie prime fondamentali, che senza accordi vasti e completi, a un certo punto esploderanno.

Ma non ci si dimentichi in aggiunta di come ci stiamo avvicinando all’anno di campagna elettorale per l’elezione presidenziale negli Usa; aspetti che fanno fare riflessioni profonde sullo stato di tensione della intera società americana

Chi più ne ha, chi più ne sa… più ne metta!

giovanniricci669@gmail.com

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