Negli Usa, come abbiamo spiegato nella precedente puntata, un disoccupato trova lavoro e deve trovarlo entro 25 settimane in media, sennò entra in un pericoloso cortocircuito, che inizia dalle aziende che sicuramente scartano chi è non occupato per i tempi evidenziati; in queste circostanze, il sindacato americano gestisce i curriculum, cerca di sbloccare vertenze di settore di aspetti micro, ma nulla fa in più.
La persona disoccupata sopra le 30 settimane inizia a percepire un vuoto insondabile, un’angoscia strisciante e implodente: l’abbandono da parte della società, a cui è sempre appartenuto. Si entra nella zona del grigio cupo in un triste e solitario viaggio che porterà all’ombra sociale del sistema; quando si entra cioè nella non partecipazione alla forza di lavoro, negli Usa sono altre le istituzioni che intervengono, non più il mercato e i sindacati e nemmeno più lo Stato in maniera attiva: parliamo cioè dei gruppi familiari, del volontariato delle fondazioni di beneficenza.
Però, si capisce dai fatti in sé che 50 milioni costantemente mai in diminuzione non sono un numero gestibile dai privati in maniera organica e risolutiva; se a tutto questo aggiungiamo poi l’estrema spaccatura sociale razziale e antropologica del tessuto a stelle strisce, i problemi si complicano in maniera vertiginosa.
Una delle strade più mefitiche e offensive, almeno a mio parere, è quella della ricerca dell’ordine pubblico a ogni costo e per ogni minima effrazione come decoro della nazione; ed eccoci quindi a polizie degli stati violente e non cristalline nei comportamenti sociali ed etnici; a garanzia della tenuta ideologica di questo sistema si è pensato che un ente come l’Fbi da solo potesse rappezzare i buchi; ma qui torniamo al punto di partenza, e cioè che se la dimensione della non partecipazione al mercato del lavoro non supera i 10 milioni di persone, lo Stato federale e i singoli Stati già con la sola azione delle forze dell’ordine derubricano di molto tanti problemi, anche territoriali, sebbene devo sottolineare per il mio giudizio con profonde scorrettezze e violazioni di perimetri sacri dell’individuo; in tali contesti dimensionali, l’attività costruens dei gruppi familiari e degli enti di beneficenza in tandem col controllo duro delle forze dell’ordine porta a un’efficacia, scorretta ma evidente nella soluzione.
Con 50 milioni di scomparsi vivi dalla società attiva, tale modello semplicemente non può reggere, e abbiamo ogni giorno sempre più consapevolezza informativa come spettatori oltreoceano di una società, quella degli Usa, oramai slabbrata e violenta; anzi, si può dire che l’osservazione che facciamo nella nostra Europa è di preoccupazione e di monito a non trovarci in tali ambasce. Ma qui non sono solo i propositi di buona volontà a fare la differenza, bensì le differenze sistemiche che oltretutto non rassicurano nemmeno più di tanto; ci ricordiamo della complessità dei disordini in Francia di fine giugno? Bene, pensare al fatto che il mercato del lavoro e l’inclusione sociale etnica in Francia è notevolmente più organizzata dallo Stato rispetto agli Usa, fa fare preoccupanti riflessioni di fondo.
Ma torniamo più in aderenza al tema che stavamo analizzando e cioè la disoccupazione negli Usa, per scoprire subito un altro aspetto spiazzante, e cioè che una quota sebbene piccola dei disoccupati e anche di chi è fuori dalle statistiche del lavoro, è composta da studenti universitari, e quindi classi agiate e medie e soprattutto problematiche del tutto transitorie dovute a un percorso di crescita umana e professionale che valga come educazione fuori della famiglia che lo standard a stelle strisce ricerca.
In sostanza, la famiglia agiata e media americana non disprezza, anzi tutto al contrario, che i suoi figli impegnati negli studi universitari si attivino a trovare occupazioni saltuarie, e quindi di elezione nella ristorazione e nei bar e alberghi, sia per pagarsi spese extra, ma soprattutto per assurgere a quel grado mentale di indipendenza e autonomia che la vita di una persona adulta richiede; beninteso, comportamenti e atteggiamenti sociali promossi dallo stile culturale e dalle famiglie, ma per nulla imposti; quindi, uno studente universitario può anche tracimare nella non partecipazione alla forza lavoro, per lui infatti è un problema che non esiste, come per tutta la situazione di questo tipo; ma su 50 milioni queste situazioni sono veramente piccole, non dimenticandoci che al contrario molti studenti universitari pesano sui circa 4-5 milioni di disoccupati a breve.
Credo che ora abbiamo un’immagine più chiara del perché la diminuzione della disoccupazione in questa fase storica e congiunturale degli Usa risollevi poco il Pil. Ci vogliono insomma, i lavoratori di fabbriche specializzate e innovative, nonché medio grandi e quelli dell’agricoltura industrializzata; qui entriamo in una congerie sociale etnica e regolamentativa che è veramente complessa e difatti ingestibile. Penso, ad esempio, ai clandestini latinoamericani e alle politiche di accoglienza, o non tali e che poi variano in modo significativo in tante declinazioni dell’immenso territorio statunitense e dei suoi tanti Stati; il clandestino latinoamericano ha poche possibilità di dirigersi verso quei luoghi anche territoriali dove è richiesta manodopera qualificata, e va invece a ingrossare le zone dove i problemi sono già in modo latente esplosivi; infatti, c’è chi ha notato che le città stelle e strisce stanno sempre più diventando come le grandi metropoli del Sud America, dove sono presenti i quartieri della classe agiata e media che di fatto vengono “recintati” dall’azione delle forze dell’ordine e delle compagnie di vigilantes privati, e gli immani ghetti abbandonati della povertà , della non inclusione, della diversità razziale; le allucinatorie immagini degli homeless.
Insomma, un mercato del lavoro abbandonato sic et sempliciter alle logiche produttive dell’economia di mercato crea mostri sociali difficili poi da gestire e reindirizzare a opere meritorie. In definitiva, oggi come oggi la situazione sociale degli Usa è pericolosa, e il fattore causativo principale di questa fattispecie è fuori da una gestione rassicurante: la disoccupazione e la non occupazione.
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