Lo scenario dell’economia mondiale è altrettanto complesso quanto in profonda evoluzione. Gli eventi che hanno caratterizzato i primi due decenni di questo secolo hanno in gran parte colto di sorpresa un mondo che aveva festeggiato il passaggio di millennio con la grande speranza della crescita economica continua e della consolidata stabilità politica. Poi non ci siamo fatti mancare nulla: dall’attentato alle Torri gemelle all’invasione dell’Iraq, dalla crisi finanziaria all’esplosione della pandemia, dall’aggressione russa all’Ucraina ai dissesti bancari e al ritorno di un’inflazione che tutti pensavano fosse un reperto storico nel museo del secolo scorso.
Il mondo è cambiato e continua ancor più rapidamente a cambiare. Lo dimostra il tramonto della globalizzazione così come lo dimostrano i progressi sempre più veloci sul fronte della tecnologia con l’irruzione di quell’Intelligenza artificiale che sta già rivoluzionando i sistemi produttivi così come la strategia organizzativa delle imprese.
In questa realtà capire dove sta andando il mondo, ammesso che vi sia una razionalità nei processi in atto, è importante perché può aiutare a capire che i nuovi problemi non possono essere affrontati con le vecchie logiche e con gli strumenti tradizionali.
Ci vogliono nuove mappe, nuovi percorsi di conoscenza e soprattutto una capacità di analisi che vada oltre le ipotesi prefabbricate dalle ideologie. È questo il paradigma di fondo in cui si muove il secondo rapporto sul mondo postglobale che prosegue il percorso delle 25 precedenti edizioni annuali dei rapporti sull’economia globale e l’Italia realizzati dal Centro Einaudi e coordinati da Mario Deaglio.
Già il titolo di questa edizione, realizzata anche grazie a IntesaSanpaolo, è molto significativo: “Dall’illusione dell’abbondanza all’economia dell’abbastanza” (ed. Guerini e associati, pagg. 180, € 19), un titolo che sottolinea il più importante cambiamento, a livello di economia mondiale, avvenuto negli ultimi anni. Come sottolinea lo stesso Deaglio nel capitolo introduttivo “viviamo, nel migliore dei casi, sulla soglia di un’era che può essere definita ‘a somma zero’, perché sempre più i benefici che un Paese ottiene sono il risultato di sottrazioni ad altri Paesi”. Sembra così tramontata la teoria del mutuo vantaggio, degli scambi che aumentano l’efficienza dell’intero sistema economico, di un libero commercio capace di stimolare l’iniziativa privata e di mobilitare grandi risorse finanziarie. E siamo tornati alle vie nazionali, alle politiche economiche fondate sull’intervento statale, agli incentivi e ai sussidi per far tornare in patria fabbriche e uffici.
Il mondo appare così una sommatoria di debolezze con i grandi Paesi, in particolare gli Stati Uniti, che giocano soprattutto in difesa, accentuando i contrasti con una Cina destinata comunque a diventare uno dei protagonisti economici di questo secolo. Ma la debolezza è anche quella della Germania, non a caso uno dei primi Paesi a cadere in recessione negli ultimi mesi. Così come é debole il Regno Unito impegnato a sanare le ferite della Brexit. E debole è l’Italia, pur mostrando un’economia con forte capacità di adattamento, ma alle prese oltre che con i sempre grandi problemi di gestione del debito, con i profondi cambiamenti dello scenario politico dopo le elezioni anticipate dell’autunno scorso.
Lo scenario italiano presenta peraltro fattori positivi che non vanno posti in secondo piano. “L’esito della crescita inattesa del Pil – afferma il rapporto – è il frutto di una ‘lunga’ semina nelle medie imprese, dei progressi del settore agroalimentare, della riscoperta della centralità manifatturiera e della valorizzazione del turismo. Quattro assi che si sono combinati con la presenza italiana nelle tecnologie critiche che perfino alcuni report internazionali riconoscono”.
Nell’insieme il rapporto del Centro Einaudi presenta comunque una chiave di lettura del mondo attuale in cui c’è una grande spazio per la speranza, in cui si può riscoprire il liberalismo delle origini, quello di Adam Smith che nella sua teoria dei sentimenti morali descriveva un mondo basato sui rapporti umani e sulla simpatia. Un mondo fondato sulla qualità più che sulla quantità, un mondo in cui ognuno sappia credere che la propria libertà è ancora più forte in un’ottica di bene comune.
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