Il candidato democratico Biden ieri ha rilasciato a Reuters alcune dichiarazioni interessanti sulla Cina. Se eletto presidente, dice Biden, “rimetterò i valori al centro della politica estera, incluso come gli Stati Uniti approcciano la Cina”; “proibirò alle società americane di essere complici della repressione e supportare la sorveglianza statale del partito comunista cinese”. Infine, la parte più interessante: “lavorerò con i nostri alleati e partner per contrastare l’assalto cinese alle libertà di Hong Kong” e “alla repressione degli uiguri”.



Si sono diffuse in Europa e soprattutto in Italia due convinzioni: la prima è che Trump perderà; la seconda è che se vincesse Biden torneremmo nel mondo pre-2016, quello senza guerre commerciali in cui l’Europa può fare affari indistintamente con Cina e Stati Uniti con gli alleati che pagano il conto dei militari. Le dichiarazioni di Biden di mercoledì sera invece suggeriscono uno scenario molto diverso in cui non è affatto detto che “all’alleato” europeo verrà concesso di essere così tiepido nei confronti della Cina.



Lo stesso giorno in cui Biden consegnava le sue dichiarazioni a Reuters sul New York Times compariva un articolo in cui ci si lamentava delle proteste troppo tiepide dell’Unione europea rispetto alle nuove leggi cinesi per l’ex colonia britannica. Per esempio, si sottolineava che il Presidente della Commissione europea, von der Leyen, si fosse solo limitata a dire che l’Unione insiste sull'”avere una visione sulla situazione dei diritti umani in Cina e a Hong Kong”. Per l’opinionista del New York Times, Xi a questo punto ha “sicuramente imparato che ha poco da temere da Brussels”. L’articolo nominava due Stati europei come pericolosamente vicini alla Cina: l’Italia e la Germania. Sulla seconda ci si chiedeva come potesse “costruire una posizione europea credibile verso la Cina”, vista la deferenza con cui le aziende auto tedesche trattano la Cina. Ad Angela Merkel si consigliava di posticipare l’incontro con Xi perché l’occidente dovrebbe prima decidere una posizione comune.



L’Europa potrebbe avere una relazione meno “complicata” con la Cina di quella americana ma prima, come minimo, la deve discutere con l’alleato americano che comunque non acconsentirà mai a quello a cui si sta assistendo oggi. Questo è ciò che si legge sul New York Times, non su qualche oscuro outlet della propaganda trumpiana.

Il redde rationem sulle relazioni tra Europa, Italia e Stati Uniti è inevitabile; non è pensabile di cavarsela continuando come fatto finora sperando che Trump perda le elezioni. Se l’Europa e l’Italia scelgono la Cina o semplicemente pensano di non concordare una posizione, allora ci saranno conseguenze serie sia economiche che politiche che strategiche e militari. Se l’Unione europea diventa la forza che “obbliga” 400 milioni di europei a passare con la Cina è certo che ci saranno grandi, grandissimi problemi per l’Europa e tantissimi incentivi a “liberare” e consentire il dissenso degli Stati europei. Questo chiunque sarà alla Casa Bianca a dicembre.

L’Italia ha un surplus commerciale con gli Stati Uniti di oltre 30 miliardi di euro e un deficit commerciale con la Cina di 20 miliardi. La questione però non è solo economica. La Cina, a livello industriale, sa fare tutto quello che si fa in Occidente, che ha anzi ha sorpassato; lo dimostra la superiorità tecnologica sul 5G. La Cina ha bisogno di mercati di sbocco alternativi a quelli che si stanno chiudendo come gli Stati Uniti. Per un Paese esportatore è il partner peggiore possibile a meno che si voglia far comperare. Solo che la Cina, ci risulta, ha qualche problema con la democrazia e con alcune libertà che noi riteniamo fondamentali. Se viola i trattati internazionali su un ex colonia britannica figuratevi quanto possiamo fidarci noi senza gli unici alleati con un’adeguata credibilità geopolitica. L’Unione europea, per dire, non ha un esercito e non ce l’avrà mai e non riesce a gestire neanche quello che succede in Libia. L’Europa come tale gestisce male e in modo farraginoso anche le crisi economiche.

Se uno dei possibili futuri dell’Italia è la Cina speriamo che almeno ci sia concesso di decidere. A questo punto tutti dovrebbero aver capito chi sta con chi. Chissà se è anche per questo che non si deve votare.