Il G7 è l’unico luogo dove sia possibile un concerto multilaterale di governi compatibili (e Banche centrali) grande abbastanza per produrre effetti globali. Con questo in mente, il solo fatto che il G7 di Biarritz non ne abbia sancito la dissoluzione a causa delle tensioni tra l’America a conduzione Trump e gli altri – che nel 2018 sono arrivate a un millimetro dalla rottura totale – è un segnale positivo che mantiene la speranza di un futuro governo del mercato globale con effetti stabilizzanti nonché di una funzione di “prestatore di ultima istanza” grande abbastanza per gestire crisi economiche globali. Senza questa funzione il mercato internazionale subisce troppa incertezza che poi si trasforma in freno agli investimenti.
Correntemente il G7 non è in grado di produrre tale effetto stabilizzante, ma la sua continuità sostiene la previsione che nel futuro potrà realizzarlo e che in caso di seri guai nel mondo l’alleanza tra democrazie interverrà, coordinata. L’America, pur sovranista, non potrà fare a meno del G7 dopo lo scoppio di un conflitto con la Cina – motivo del depotenziamento del G20 come organo di governance globale – che promette di durare e intensificarsi perché ha bisogno di un’alleanza geo-economica più grande della Cina stessa per vincere.
Francia, per ambizione geopolitica, e Germania, per mercantilismo, vogliono tenere l’Ue neutrale, ma si stanno accorgendo che non sarà possibile e, sotto le divergenze aperte, a Biarritz si è notata un’iniziale ri-convergenza atlantica. Analisti e commentatori continuano a guardare con ansia il fronte sino-americano temendone lo scoppio. Ma dovrebbero rendersi conto che è già scoppiato e che è in gestazione nei fatti un nuovo perimetro del mercato internazionale, a conduzione di un G7 con nuove inclusioni, dove la Cina, se non esclusa come dichiarato da Trump, avrà un accesso limitato.
Tale nuovo perimetro, se la tendenza continuerà, sarà configurato come reticolo di accordi commerciali bilaterali, cioè con flussi commerciali bilanciati, e avrà una scala tale da renderlo la più grande regione economica integrata del mondo, determinandone gli standard. Infatti, la Russia, per cui la Cina è un problema, se ne è accorta e, pur non apertamente, sta valutando l’invito a rientrare in un G7+1 da parte di Trump e di Macron. L’aumento del 17% dell’export italiano in Giappone a seguito del trattato tra Ue e Tokyo è un’anticipazione concreta dei vantaggi per l’Italia in questo scenario.