Tensioni geopolitiche, misure restrittive, instabilità dello scacchiere mondiale, crisi economica innescata dalla pandemia di Covid-19. Per il commercio internazionale non è un momento facile e molti paesi stanno rivedendo le loro strategie di internazionalizzazione. Al centro delle agende emergono sempre più i temi dei controlli sulle esportazioni, delle sanzioni economiche e dei loro effetti sull’attività di compliance delle imprese e degli strumenti digitali per la gestione dei processi. Il Terzo Rapporto Awos presenta una serie di analisi e contributi di esperti sui più recenti sviluppi e i possibili scenari evolutivi del rischio geopolitico, i regimi sanzionatori e gli export control. Ieri a Roma, presso la Sala Caduti di Nassiriya di Palazzo Madama, è stato presentato il Terzo Rapporto Awos, che offre una serie di analisi e contributi sui più recenti sviluppi e i possibili scenari evolutivi del rischio geopolitico. Ne abbiamo parlato con Zeno Poggi, presidente di Awos-A World of Sanctions, il primo progetto italiano che integra in una piattaforma pubblico-privata le indagini sull’export controls, l’analisi del rischio geopolitico e il monitoraggio previsionale sui regimi sanzionatori.
Le sanzioni e le restrizioni al commercio internazionale sono diventate un problema crescente per le imprese che già soffrono sui mercati esteri. Perché assistiamo oggi a tutto questo ricorrere a sempre maggiori restrizioni economiche contro le imprese?
Perché le sanzioni sono diventate indubbiamente strumenti per scopi geopolitici, con l’obiettivo di aumentare le pressioni sui destinatari. È una tendenza di vasta portata, come sottolinea un rapporto della Banca mondiale. Negli ultimi anni i 60 paesi più sviluppati hanno introdotto oltre 7mila misure restrittive: non solo embarghi, ma anche misure protezionistiche, tariffarie e ostacoli al commercio internazionale.
È un fallimento della globalizzazione o è colpa di Trump?
È una crisi generale della globalizzazione determinata dal sorgere di elementi sovranisti in senso lato e protezionistici, in contrasto con i più ampi obiettivi di mercati aperti e liberi. Il contrasto è estremamente evidente e degenera in guerre commerciali come l’attuale fra Stati Uniti e Cina.
E l’Unione Europea che ruolo gioca?
Ha un ruolo da protagonista nel sostegno alla globalizzazione, perché è interesse dell’Ue portare avanti un confronto basato su regole liberali del mercato e non su pressioni geopolitiche e lo dimostra il fatto che le sanzioni europee applicate verso taluni paesi sono valutate con la massima importanza e attenzione e all’unanimità. La recente entrata in vigore di accordi di libero scambio Ue è la dimostrazione che lo sviluppo del commercio internazionale si deve basare sulla rimozione di ostacoli e non meri protezionismi.
Quali sono i Paesi più sanzionati, dove le imprese devono prestare la massima attenzione?
La massima attenzione sulle sanzioni è posta dagli istituti finanziari, che considerano Iran, Cuba, Siria, Sud Sudan e Russia i paesi più esposti a causa delle reazioni americane. Purtroppo, il sistema delle sanzioni non riguarda solo singoli paesi, bensì persone, entità, compagnie marittime di tanti paesi non coinvolti in singoli programmi di embargo.
Le banche italiane sono in grado di supportare le aziende nel mondo delle sanzioni?
Le banche italiane nelle loro analisi finanziare considerano con la massima attenzione i tre principali sistemi sanzionatori, tra cui quello americano, perché ha l’effetto di colpire con secondary sanctions anche persone, istituti e imprese non americane. Lo dimostrano recenti transazioni fra importanti istituti italiani e le autorità americane in merito a violazioni esclusivamente Usa.
C’è il rischio che le restrizioni siano manipolate per creare fenomeni di concorrenza sleale?
Assolutamente sì. Il fatto che possano essere gestite unilateralmente da paesi e governi possono degenerare in uno strumento protezionistico e concorrenziale non corretto.
(Marco Tedesco)