È stata una giornata a dir poco tesa in Georgia, al centro – ormai da mesi – di uno scontro politico che vede il governo presieduto dal Primo ministro (a più riprese ritenuto vicino alla Russia) Irakli Kobakhidze e dal suo partito Sogno georgiano contrapposto ideologicamente all’UE che si era già trovata costretta a bloccare temporaneamente la domanda di adesione all’Unione avanzata dal paese diversi anni fa: proprio oggi quello scontro fino ad ora politico è diventato fisico, con un’ampia schiera di manifestanti che hanno raggiunto la sede del Parlamento della Georgia a Tbilisi che si sono scontrati con la polizia.
Stando a quanto mostrano i numerosi video che stanno rimbalzando in rete (e che trovate in calce a questo articolo) per ragioni ancora da chiarire la manifestazione pro-UE che nel pomeriggio ha invaso le strade della capitale della Georgia si è trovata al centro della violenta reazione da parte delle forze dell’ordine che dopo aver reagito con manganelli, spintoni e lacrimogeni, è arrivata ad usare i getti d’acqua delle autocisterne per disperdere – senza successo – la folla che tutt’ora persiste nelle sue posizioni: attualmente (ma sembra scontato) non è chiaro se ci siano feriti o morti e neppure se sia stato concluso qualche arresto.
Parlamento UE non riconosce il risultato delle elezioni in Georgia: “Si torni al voto o l’adesione all’Unione diventerà impossibile”
Interessante notare che l’origine della manifestazione sembra ascriversi alla decisione annunciata ieri dal primo ministro della Georgia che ha interrotto fino al 2028 i negoziati di adesioni all’UE rinunciando al contempo anche ai finanziamenti e alle sovvenzioni comunitarie per i prossimi 4 anni: Kobakhidze – infatti – ha detto che avrebbe ricevuto dei non meglio precisati “ricatti e manipolazioni” da parte di alcuni (anche questi non precisati) leader europei; sottolineando tuttavia che il percorso di adesione all’Unione non è stato del tutto escluso.
Dichiarazione alla quale è seguita la reazione del Parlamento UE che nella giornata di giovedì ha votato una risoluzione formale con la quale condanna le elezioni in Georgia – vinte lo scorso ottobre, appunto, da Kobakhidze e dal suo Sogno georgiano – ritenendole “né libere né eque (..), manifestazione del continuo arretramento democratico del paese” e caratterizzate da gravissimi casi di “violazioni elettorali tra cui intimidazioni, manipolazione del voto, interferenza con gli osservatori e macchine per il voto elettronico manipolate”.
La richiesta del Parlamento è che si tengano nuove elezioni in Georgia “sotto un’attenta supervisione internazionale” entro e non oltre il prossimo anno, pena il veder deragliare “qualsiasi mossa verso l’adesione all’UE”; chiedendo al contempo che un’indagine indipendente su quanto accaduto alle urne ad ottobre e che i 27 impongano “sanzioni personali ai funzionari e ai leader politici” tra cui il primo ministro, il segretario di Sogno georgiano Kakha Kaladze, la presidente parlamentare Shalva Papuashvili e l’oligarca (e predecessore di Kobakhidze) Bidzina Ivanishvili.