Il Governo tedesco si appresta a varare una manovra da 200 miliardi di euro per limitare i costi delle bollette di famiglie e imprese. Il cancelliere Scholz ha dichiarato che nessuno verrà lasciato indietro: pensionati, dipendenti, famiglie, grandi e piccole imprese. È emblematico che l’annuncio sia stato fatto nel giorno in cui l’inflazione tedesca raggiunge la doppia cifra e sfonda livelli che non si vedevano dall’introduzione dell’euro. Non c’è possibilità di ridurre l’inflazione, preservare il potere d’acquisto delle famiglie e salvare il sistema industriale se i prezzi di gas e elettricità per il sistema rimangono quelli di oggi.



La cifra, pari al 5% del Pil, dice probabilmente di più; il sistema in quanto tale non è in grado di reggere a queste condizioni e la pace sociale è seriamente minacciata. Fatte le proporzioni, l’Italia che ha una popolazione e una produzione industriale inferiore dovrebbe mettere in campo, se volesse seguire la Germania, una cifra compresa tra i 100 e i 150 miliardi di euro; è un importo che vale diverse finanziarie.



La decisione di ieri segnala che il Governo tedesco non crede a una soluzione europea. Se una soluzione europea fosse imminente la Germania non avrebbe deciso, in autonomia, di investire 200 miliardi di euro per frenare gli impatti economici e sociali della crisi energetica. In Europa si va in ordine sparso e ogni Paese membro va per la sua strada. Spagna e Portogallo hanno ottenuto un’eccezione dall’Unione e si sono svincolati dal TTF e dal mercato europeo. La Germania tira fuori 200 miliardi di euro. La Polonia apre un nuovo gasdotto nel Mar Baltico e così via. Cosa rimanga dell’Europa in uno scenario in cui le imprese e le famiglie tedesche o spagnole sopravvivono e quelle italiane no, è un mistero; come possa sopravvivere un’unione politica e monetaria a queste fratture è incomprensibile. Questa non è una crisi finanziaria che si risolve stampando moneta. È una crisi che apre voragini all’interno dell’Europa e che mette in pericolo tutta la piattaforma del Vecchio continente, euro incluso. Non si può tenere insieme, a costi impossibili, una costruzione che si frantuma in questo modo tra Stati con costi energetici che sono un quarto degli altri e altri Stati che coprono la differenza. La crisi dei debiti sovrani che sta montando e che i mercati finanziari vedono fin da Marte è un multiplo di qualsiasi cosa si sia vista finora nell’euro.



La seconda considerazione è quale pressione verrà esercitata sui Paesi che non apriranno scudi su famiglie e imprese. I cittadini italiani dovranno mettere decine di miliardi di euro che il Governo di Berlino mette per i tedeschi. Questo però non è il problema principale. La questione decisiva è che non c’è alcuno scudo per le imprese. L’Italia rischia di uscire da questa crisi con una desertificazione industriale mai vista. È inspiegabile che nemmeno di fronte a questo scenario si parli di riapertura delle trivellazioni perché l’Italia ha tanto, tantissimo gas. È difficile credere che sia solo una questione di ambientalismo in un contesto in cui si rischia di compromettere la pace sociale.

Perché nessuno fa nulla per salvare l’Italia con i soldi o con il gas? È solo una questione di incoscienza, incompetenza e cattiva politica? Altrimenti chi ha deciso che l’Italia non possa uscire in piedi da questo frangente?

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