GERMANIA SEGUE L’ITALIA: “NO AL BANDO DEI MOTORI TERMINI NEL 2035”

E dunque non è solo l’Italia ad avere forti (fortissime) riserve sul bando dei motori termici (benzina e diesel) dal 2035 in Europa fissato dalla Commissione Von der Leyen (e approvato dal Parlamento Ue) per combattere il cambiamento climatico: ora è la Germania ad alzare i toni – l’unico Paese tra l’altro a poter essere maggiormente colpito economicamente e industrialmente dal bando anti-benzina più dell’Italia – sottolineando che così come è posto il piano di legge non è affatto praticabile. I Governi Meloni e Scholz si ritrovano dunque nella stessa battaglia, alla vigilia del voto degli ambasciatori dei 27 Paesi Ue (i cosiddetti Rappresentanti Permanenti aggiunti, la commissione Coreper I) proprio sul bando che dovrebbe rivoluzionare l’intere economia continentale.



Dopo l’annuncio ieri del Ministro dell’Ambiente e dell’Energia italiano Gilberto Picchetto Fratin, nelle ultime ore è collega tedesco Ministro dei Trasporti Volker Wissing (leader dei Liberali in Germania, ndr) ad avanzare tutte le riserve di Berlino, minacciando il veto sul bando se la Commissione non farà un regolamento specifico sugli e-fuels. «Abbiamo bisogno di una risposta vincolante alla domanda su come gestire i motori a combustione dopo il 2035», fa sapere Wissing al quotidiano Handelsblattm aggiungendo come da sempre FdP chiedessero per l’approvazione del compromesso europeo una “conditio sine qua non” di una Commissione Ue che presentasse proposta corrispondente. «Alla luce dell’enorme flotta di veicoli già esistenti che abbiamo soltanto in Germania, per l’Fdp ci può essere solo un compromesso sui limiti del parco auto, se anche il ricorso agli e-fuels è possibile. Al momento non siamo a conoscenza di proposte, ma solo di esternazioni di rigetto da parte del commissario Frans Timmermans», scrive il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica in un durissimo comunicato contro i vertici Ue.



CAOS IN UE, SLITTA IL VOTO DEGLI AMBASCIATORI SU BANDO MOTORI TERMICI

Alla vigilia della riunione decisiva dei Rappresentanti Permanenti in Ue, chiamati a dare il via libera al regolamento europeo (prima di giungere poi al vaglio del Consiglio Ue, ndr) l’Italia aveva smosso le acque con il comunicato del Ministro Picchetto Fratin, «I target ambientali vanno raggiunti attraverso una transizione economicamente sostenibile e socialmente equa […] No allo stop alla vendita dei veicoli a benzina e diesel dal 2035». Parole che vanno nella scia di quanto affermato anche dal vicepremier e Ministro dei Trasporti Matteo Salvini al Consiglio informale Affari Energia e Trasporti di Stoccolma: «La transizione in cui tutti crediamo va incentivata e accompagnata ma correre rischia di produrre l’effetto contrario». “Handelsblatt” oggi spiega bene che se il divieto sul motore a combustione venisse attuato realmente nel 2035, sarebbe una battuta d’arresto per diverse case automobilistiche tedesche. «Tali aziende continuano, infatti, a registrare profitti con la vendita di auto a benzina e diesel, mentre sono in ritardo rispetto alla concorrenza di Cina e Stati Uniti nel settore delle vetture elettriche», conclude il quotidiano tedesco (traduzione di Agenzia Nova, ndr).



L’Italia dal canto suo sul bando dei motori termici in Ue spiega che, pur condividendo gli obiettivi di decarbonizzazione, occorre che la scelta dell’elettrico non debba rappresentare, nella fase di transizione, l’unica via per arrivare a zero emissioni: «L’utilizzo di carburanti rinnovabili, compatibili con i motori termici contribuirà ad una riduzione delle emissioni senza richiedere inattuabili sacrifici economici ai cittadini». Le posizioni di Italia e Germania a qualcosa sono servite visto che la presidenza svedese del semestre Ue ha deciso di far slittare il dibattito e il voto della Coreper I a venerdì, invece che oggi 1 marzo. Con il voto contrario italiano e le riserve con minacce di veto tedesche hanno messo in subbuglio la Commissione: se ci aggiungiamo le posizioni già non favorevoli al bando sui motori termici di Polonia e Bulgaria, ecco che la Ue si risveglia oggi tutt’altro che unita su un tema dirimente come quello posto. Fonti Ue giunte stamane spiegano che il voto è stato rinviato proprio per la maggioranza incerta: «Oltre all’Italia, anche Polonia, Germania annunciano che voteranno contro, mentre la Bulgaria si asterrà. Essendo previsto in Consiglio un voto a maggioranza qualificata (il 55% degli Stati che devono rappresentare il 65% della popolazione), il provvedimento rischia di essere respinto».