C’è più politica di quanto appaia nel blitz di Angela Merkel, che ieri si è auto-assegnata per decreto poteri speciali sul fronte dell’emergenza Covid. Non è stato un “Dpcm” – sulla falsariga di quelli di Giuseppe Conte per dodici mesi in Italia – ma un “decreto legge”: più vicino allo stile istituzionale ripristinato da Mario Draghi. Ma il provvedimento con cui la cancelliera tedesca ha avocato i poteri di imporre ai 16 Laender le decisioni assunte dall’esecutivo federale a Berlino sembra andare oltre – per intendersi – la ricoloratura settimanale delle regioni italiane da parte del ministero della Salute. Anzi: nonostante un anno intero di scontri amministrativi e polemiche politiche, mediatiche, accademiche sugli attriti fra Stato e Regioni sul Covid, in Italia non si è mai giunti a una resa dei conti come quella maturata in Germania. Anche in queste ore – non da ultimo in occasione del dissenso del governatore campano Vincenzo De Luca sulle priorità vaccinali – un premier di unità nazionale come Mario Draghi non mostra segnali di irrigidimento.



Merkel, invece, un anno dopo lo scoppio della pandemia, ha scelto la linea dura contro le sue “Regioni”. Lo ha fatto, innegabilmente, di fronte a una recrudescenza imprevista e sgradita dell’epidemia in terza ondata. Lo ha fatto, sicuramente, quando dai Laender – con un profilo costituzionale più marcato di quello delle Regioni italiane – i segnali di insofferenza sociale alle restrizioni hanno cominciato a “mordere” le decisioni politiche, trasformando il più grande Paese della Ue in un coacervo inestricabile e incoerente di regimi locali. E un capo di governo – questo il messaggio della cancelliera – ha sempre il diritto-dovere di intervenire se la salute pubblica è a rischio. E non a caso Merkel ha ieri messo mano a specifiche normative sanitarie. Però sarebbe fuorviante – anche in Germania – considerare l’emergenza Covid avulsa dal contesto politico: soprattutto dopo che negli Usa ha distrutto in pochi mesi le fortissime chances di rielezione alla Casa Bianca per Donald Trump: o ha reso possibile, in Israele, l’ennesima sopravvivenza insperata per Bibi Netanyahu.



In Germania si vota fra cinque mesi è Merkel, dopo 16 anni, non si ripresenterà candidata per un quinto mandato. È quindi in virtuale “semestre bianco”: anche se non al punto da impedirle di esercitare la sua legittima leadership esecutiva. Ma di sicuro la messa in discussione in corsa delle autonomie federali rispetto al potere centrale è un passo non scontato sul piano costituzionale. Soprattutto: la coalizione fra Cdu/Csu e Spd garantisce tuttora a Merkel-4 la maggioranza parlamentare sulla base dei risultati del voto 2017 (32,5% a Cdu-Csu e 20,5% a Spd). Ma i sondaggi correnti – dopo le elezioni locali di un mese fa in Baden-Wurttenberg e Renania-Palatinato – attribuiscono ai cristiano-democratici non più del 27% e alla Spd al massimo il 15%. La “Grande Coalizione” è quindi oggi in netta minoranza nel Paese: non diversamente dalla maggioranza parlamentare “giallorossa” in Italia, certamente nell’ultima fase del Conte-2 “in pieni poteri”. Ma c’è di più.



Il blitz-rilancio della cancelliera è maturato “ad horas” su un concitato chiarimento interno fra Cdu e Csu: da sempre “sorelle siamesi” a supporto di super-cancellieri come Helmut Kohl o la stessa Merkel. Ma nell’ultimo biennio i “democristiani” della Germania centrosettentrionale (guidati dal 2005 da una leader ex tedesco-orientale) si sono trovati sempre meno sintonici con i cristiano-sociali bavaresi. Particolarmente netta è stata l’incrinatura del 2019: quando il leader Csu Manfred Weber – candidato da Merkel al vertice della Commissione Ue a nome dell’intero Ppe – è stato sacrificato all’ultimo a favore di Ursula von der Leyen, notabile sassone e ministro della Difesa nel gabinetto Merkel.

Due anni più tardi la frattura è tutt’altro che sanata: soprattutto dopo che Merkel ha “bruciato” per la sua successione Annagret Kramp-Karrenbauer e imposto a fatica l’incolore Armin Laschet, presidente della Renania-Vestfalia. Un quasi-perdente annunciato se venisse confermata la sua candidatura a cancelliere. Per questo domenica scorsa – in una “climax” politica interna – l’emergente leader Csu, Markus Soder, ha dichiarato la sua “disponibilità” a correre come spitzenkandidat per l’intero raggruppamento post-merkeliano.  La sua offerta è stata declinata dalla Cdu nell’arco di ventiquattr’ore. E un giorno più tardi dal “bunker” della cancelleria di Berlino, Merkel ha affermato la sua volontà perentoria di governare fino all’ultimo giorno la Germania; e di decidere il futuro del suo partito.

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