La Germania in recessione tecnica. Un dato che preoccupa l’economia europea e italiana, visto che per il nostro Paese è il primo partner commerciale in assoluto. L’economia teutonica sta perdendo i colpi in diversi campi, nei pannelli solari come nella meccanica, e sconta le conseguenze della guerra in Ucraina, che ha interrotto i rapporti con la Russia, importante cliente e fornitore.
Un quadro poco incoraggiante, spiega Mario Deaglio, professore emerito di economia internazionale all’Università di Torino, che potrebbe portare comunque a un allentamento dei rigidi parametri europei del Patto di stabilità. Meglio sarebbe, per la Germania come per altri Paesi, metterlo tra parentesi per un paio di anni.
Professore, come è nata l’attuale crisi economica della Germania?
L’economia tedesca, nella disattenzione di tutti, sta vivendo un lento degrado. Si è fatta portare via dalla Cina il settore dei pannelli solari: il governo ha saputo che la principale società costruttrice aveva venduto ai cinesi dopo che il contratto era già stato firmato. Ora ne realizzano il 10% mentre i cinesi ne producono l’80%. La buona tecnologia tedesca è concentrata largamente nel settore meccanico, ma si avvale sempre di più degli apporti italiani e austriaci: i pezzi arrivano da questi Paesi e poi loro realizzano le automobili e i treni. Questi ultimi, a dir la verità, poco. La loro industria bellica non dico che non esista, ma è poco di più. Hanno stanziato 200 miliardi l’anno scorso per rafforzare il Paese e fino a sei mesi fa non avevano ancora speso un euro, perché non sanno bene cosa fare.
Poi ci si sono messe anche le banche?
Sono tutti sintomi di debolezza ai quali non si aggiungono buoni sintomi sulle banche, che hanno avuto i loro problemi. Deutsche Bank ha attraversato momenti molto complicati. Il mondo finanziario tedesco non è nella migliore delle condizioni. A questo si aggiunge che la guerra in Ucraina ha tolto un cliente e fornitore e importante come la Russia. Tutto questo serve a capire perché sono in recessione: sono un Paese solido ma da due trimestri non vanno avanti.
Per l’Italia la Germania è sempre il primo partner commerciale: subiremo le conseguenze di questa crisi? Sarà così anche per l’Europa di cui è considerata il motore economico?
Per noi è un segnale negativo, attenuato dal fatto che molte volte, siccome facciamo concorrenza sui prezzi, quando le cose vanno male comprano più pezzi italiani: per salvarsi le imprese devono controllare i costi e procedono così.
Una circostanza che potrebbe favorirci?
Un modestissimo elemento positivo che in parte attenua le conseguenze del fatto che il nostro principale partner commerciale non sta andando bene. Aggiungiamo che il governo tedesco non brilla per la sua capacità di fare: è un delicato asse di equilibrio tra partiti che la pensano diversamente su quasi tutto. È una dinamica che riscontriamo in diverse parti del mondo: non esistono più piani a lungo termine, si vive nell’incertezza. Insomma, il motore dell’Europa è quasi fermo.
Come possono riprendersi i tedeschi?
Intanto ci vorrebbe che questa guerra in Ucraina finisse e che invece che ai carri armati si pensasse a ricostruire. I giornali in queste ore hanno dato scarso rilievo alla dichiarazione di Zelensky che ha detto di poter rinunciare alla Crimea. Probabilmente gli sono arrivate delle indicazioni per cui se alle prossime elezioni presidenziali vincessero i democratici non sarebbero disposti ad assecondare tutte le richieste ucraine di materiale bellico e altro. Se vincesse Trump o i repubblicani ancora meno.
La crisi della Germania avrà delle ripercussioni anche sulle politiche della Bce e della Ue? Anche per quanto riguarda, ad esempio, il Patto di stabilità?
Mi auguro ardentemente di sì, perché è vero che il mondo finanziario tedesco è pieno di gente che dice che non bisogna mai fare deficit e che tutti devono adeguarsi, ma è anche vero che queste difficoltà si faranno sentire di più in autunno e dovrebbero alleggerire la durezza tedesca. Penso a un rinvio di due anni del Patto di stabilità.
Sarebbe un bene per tutti e non solo per loro?
La Francia è messa meglio di noi ma il suo Pil nel secondo trimestre è stato salvato dalla consegna di una grossa nave turistica, per le crociere. La costruzione richiede anni ma i calcoli li hanno fatto tutti alla fine: è stata consegnata nel secondo trimestre e tutto il valore aggiunto è stato calcolato su questo periodo. Da sola vale un paio di miliardi che si aggiungono al Pil francese del trimestre. Non stanno tanto bene neanche loro.
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