La Germania, che ha già varato un pacchetto da 750 miliardi di euro a marzo, che include migliaia di euro a fondo perduto già arrivati sui conti correnti di piccole e medi imprenditori e “partite Iva”, nei prossimi giorni approverà un pacchetto da altri 70/80 miliardi di euro di stimoli all’economia: liquidità per le famiglie per spingere i consumi, fondi per i Comuni flagellati da cali delle entrate fiscali, altri aiuti alle imprese. Poi incentivi per l’acquisto di autovetture e altro. Questi “aiuti” si ritrovano in moltissimi Paesi europei anche indebitati o indebitatissimi come la Francia e il Belgio che infatti non hanno registrato disordini sociali nonostante cali del Pil che per il 2020 saranno sicuramente superiori al 10%, come per esempio segnalava il ministro delle Finanze francese due giorni fa.
In questo scenario manca all’appello il Governo italiano che ha lasciato all’asciutto non solo le partite Iva e migliaia di piccoli imprenditori, ma anche le famiglie. Gli unici garantiti veramente e fino all’ultimo centesimo sono i dipendenti pubblici; una disparità che non può che aumentare la rabbia. Questo però è un altro discorso. Quello che importa ai nostri fini è che l’obiezione del debito pubblico o del deficit eccessivo ovviamente non tiene più né a livello teorico, né a livello pratico. Sia perché Paesi con finanze pubbliche e debiti privati non molto migliori dei nostri stanno facendo enormemente di più del Governo italiano, sia per una seconda ragione che dovrebbe essere ormai evidente. Il deficit che non facciamo adesso per salvare le imprese e le famiglie sul lastrico si trasformerà tra qualche mese in migliaia di imprese fallite e in un numero impressionante di disoccupati e quindi in ingentissimi cali delle entrate fiscali. Spendere adesso quando le imprese che lottano tra la vita e la morte possono essere ancora salvate significa preservare l’economia e il tessuto produttivo e nei fatti, contabilmente, diminuire il deficit. Si spende 10 oggi per evitare di perdere 30 o 40 domani perché si salvaguarda il tessuto produttivo.
Questa urgenza non sembra essere percepita dal Governo sia per un grave difetto di comprensione del funzionamento dell’economia, forse condito da moltissima ideologia “statalista”, sia per una distanza abissale con il mondo delle imprese private come testimoniano non solo la composizioni delle task force ma anche norme incredibili come quelle sulla responsabilità delle imprese per i contagi da Covid. Non si comprende che la distruzione del sistema produttivo che si infligge oggi senza stanziamenti a fondo perduto e aiuti si tradurrà in minori entrate fiscali domani per importi superiori. Soprattutto si dà per scontato che il sistema produttivo continui a esistere a prescindere dalle azioni di Governo, dagli interventi sulla burocrazia e dagli incentivi allo spirito di impresa che si danno.
Oggi il messaggio che arriva fortissimo è che la scelta migliore è l’impiego pubblico e che fare impresa significa, nella migliore delle ipotesi, essere un potenziale evasore. Nemmeno ci si chiede con quali soldi si possa essere sovrani e infatti si mendicano risorse in Europa vendendosi tutto. È un’ottica miope e sicuramente poco europeista se appena si osserva quello che succede in Germania, in Francia, in Belgio, in Austria sia in termini di aiuti pubblici, sia di supporto della Pubblica amministrazione a partire, per esempio, dalle scuole e dagli asili che aprono consentendo a milioni di persone di continuare a lavorare. Problemi, certamente triviali, che evidentemente non preoccupano un Governo che ha come unici interlocutori lavoratori che non hanno questi problemi. Questo però non è nemmeno un esecutivo europeista: né negli aiuti, né nella ricerca di soluzioni a costo zero che passano dalla sburocratizzazione vera e dagli incentivi a costo zero alle imprese.
Ci domandiamo solo quanto a lungo possa durare la pace sociale con queste premesse. Incolpare gli avversari politici di sedizione o strage sanitaria, con toni sempre più fuori luogo, è una soluzione di breve periodo che non fa bene a nessuno. E questo a prescindere da colpe e meriti che possono o non possono esserci.