Viticoltori e frantoi in Germania sul piede di guerra contro l’Unione europea e i suoi piani “green”. Partiamo da quelli sull’uso dei pesticidi, che preoccupano i viticoltori. Il presidente dell’Associazione dei viticoltori tedeschi avverte al Frankfurter Allgemeine Zeitung: “Abbiamo paura. Se i piani dell’UE per l’uso sostenibile dei pesticidi non verranno modificati, gran parte della viticoltura tedesca morirà“. Klaus Schneider è molto critico riguardo il piano dell’Ue per dimezzare l’uso di pesticidi entro il 2030. Il problema è che vuole vietarlo del tutto in alcune aree protette. “Enormi aree in Germania sono coperte da queste cosiddette aree protette. Tuttavia, sono state designate solo dopo che la viticoltura esisteva già da molto tempo“. Schneider evidenzia che queste aree protette non esistono in questa varietà e forma altrove, quindi “per i viticoltori tedeschi, questo sarebbe un notevole svantaggio competitivo“. Quando illustra l’impatto di un simile piano, tira fuori i dati relativi alle previsioni: “Se il progetto venisse attuato così come è stato presentato, la viticoltura non sarebbe più possibile sul 30% dei vigneti in Germania. Il 90% della Mosella ne risentirebbe e il Kaiserstuhl scomparirebbe completamente. Sarebbe una catastrofe“.



Negoziare è tutt’altro che semplice, anche perché dopo la presentazione della proposta di legge è calato il silenzio. Trovare un compromesso è a dir poco complicato. “La commissione per l’ambiente, che è responsabile, ha rinviato la sua decisione e non vuole dare un parere positivo fino a ottobre. Lo stesso vale per la commissione per l’agricoltura“. Il governo federale tedesco sembra volersi schierare dalla parte dei suoi viticoltori, ma resta una situazione di stallo che crea grandi incertezze nelle cantine. “Siamo ovviamente a favore di una riduzione, ma siamo comunque contrari a questa bozza“, ribadisce il leader dei viticoltori tedeschi. Quel che non è chiaro ai viticoltori è da quando verrà calcolato il dimezzamento dell’uso di pesticidi. La proposta dei tedeschi, comunque, è di escludere la misura relativa alle aree protette. “Siamo aperti e disposti a collaborare sugli obiettivi di risparmio“.



GERMANIA, VITICOLTORI E FRANTOI IN “GUERRA” CON UE

Ma contro l’Unione europea non si scagliano solo i viticoltori tedeschi, bensì anche i frantoi. Tra i piani dell’Ue c’è, infatti, quello di ridurre anche le emissioni derivanti dalla produzione di olio da cucina. I frantoi tedeschi temono, quindi, per la loro competitività, anche perché il governo federale potrebbe introdurre un altro limite che riguarda l’aria di scarico dei frantoi. Già presente nel regolamento attuale, non viene implementato perché le società hanno ricevuto esenzioni dalle autorità ambientali competenti. Il risultato, secondo quanto riportato dall’Associazione dell’industria della lavorazione dei semi oleosi in Germania (OVID) a Welt, è che per rispettare in sicurezza il limite aggiuntivo di 20 milligrammi per metro cubo, dovrebbero essere bruciate grandi correnti d’aria.



Ciò comporta maggiori emissioni di CO2, riduce l’efficienza energetica degli impianti e mette a rischio la sopravvivenza stessa dei frantoi tedeschi. Il fatto che anche l’aria di scarico debba essere regolamentata in modo specifico vanifica qualsiasi sforzo di tutela dell’ambiente per l’OVID. Per la necessaria post-combustione viene infatti utilizzata energia fossile, in particolare gas naturale, e di conseguenza viene rilasciata CO2.

PERCHÉ UE INTERVIENE SU EMISSIONI FRANTOI

I frantoi usano solventi per estrarre l’olio vegetale, nello specifico il cosiddetto esano. Nella prima fase, semi come semi di girasole, lino o colza vengono pressati meccanicamente. Ciò che resta contiene ancora molti residui di olio. Nella seconda fase vengono poi lavati via utilizzando il solvente, poiché l’agente aggiunto si combina con l’olio rimasto nei gusci. Le due sostanze vengono poi nuovamente separate facendo evaporare il solvente a 65 gradi. Non appena si raffredda, si liquefa, viene raccolto e immesso nuovamente nel processo.

Tuttavia, in questo ciclo si verificano perdite nella quantità di solvente, ad esempio perché sono ancora presenti residui o fuoriescono tramite l’aria di scarico durante l’evaporazione. Nella lavorazione dei semi di girasole, per ogni mille chilogrammi di semi si perde circa un chilogrammo di solvente, come nel caso della colza. Con la soia, invece, la perdita è di 0,8 chilogrammi ogni mille chili. La prevista modifica della legge mira ora a limitare della metà queste emissioni.

SCONTRO TRA FRANTOI E MINISTERO DELL’AMBIENTE

Ma per i frantoi aumentano i costi e diminuiscono i clienti, a giovarne invece i concorrenti di altri paesi europei che non hanno questo onere aggiuntivo. Senza contare che per loro questa normativa non ha alcun impatto positivo a livello ambientale. Ma il Ministero federale dell’Ambiente giustifica i requisiti più severi dell’Ue con rischi per la salute della popolazione. “In generale, per ragioni di tutela preventiva della salute, la legge sul controllo delle immissioni segue l’approccio secondo cui l’emissione di sostanze deve essere limitata per le quali è stato dimostrato un potenziale dannoso specifico o per le quali esiste un sospetto scientificamente giustificato di un tale potenziale dannoso“, dichiara un portavoce del ministero a Welt.

L’OVID replica parlando di “quadro distorto delle informazioni“, tirando in ballo un rapporto di valutazione dell’Istituto federale per la sicurezza e la salute sul lavoro e un rapporto medico-ambientale e tossicologico del professor Ulrich Ewers, esperto di tossicologia e igiene ambientale da Essen, secondo cui non ci sono rischi per la salute derivanti dalle emissioni di solventi, poiché i livelli nelle vicinanze degli oleifici sono al di sotto del valore precauzionale. Infine, non vi sono prove di proprietà mutagene o cancerogene.