Indagati per vilipendio, perquisiti nelle rispettive case e sequestrati i pc e device: la storia sugli 11 indagati per insulti al Capo dello Stato Sergio Mattarella continua a far discutere, anche perché coinvolti vi sono una giornalista – Francesca Totolo – e un professore universitario come Marco Gervasoni. Entrambi da tempo nell’occhio del ciclone mediatico per posizioni vicine alla destra sovranista, con anche un recente passato di scandalo social per un commento sessista fatto dallo storico e professore Gervasoni nei confronti della vicepresidente dell’Emilia Romagna Elly Schlein.
Qui però la situazione è ben diversa: se il professore per la scritta social un anno fa venne licenziato dalla Luiss di Roma, ora si ritrova indagato e pure con la perquisizione in casa per un reato come il “vilipendio al Capo dello Stato” che ancora non si è ben capito da cosa derivi. Lo spiega lo stesso Gervasoni oggi a “La Verità”: «dicono che ho insultato Mattarella, ma è no nella maniera più assoluta. E non capisco come si sia potuto arrivare ad attribuirmi frasi di questo genere». In realtà spulciando in rete si trovano ancora – non cancellati – due tweet del professore esperto di storia e geopolitica dell’agosto e dicembre 2020 dove critica fermamente il Governo Conte e il Quirinale. Nello specifico, il 4 dicembre 2020 scrive «il vero capo del regime sanitocratico è Mattarella ma ancora qualcuno dell’opposizione si appella a lui. Ci sono o ci fanno?»; il 15 agosto 2020 aveva invece scritto su Twitter «Il disegno dei media del regime sanitocratico e del governo Mattarella-Conte è chiarissimo: a poco a poco gradualmente instaurare un nuovo lockdown totale manipolando gli italiani che dovrebbero pure essere contenti».
LA VERSIONE DEL PROF. GERVASONI
Al momento sono le ipotesi maggiormente fatte dai quotidiani circa la causa del presunto vilipendio, con Gervasoni che si spiega così sul giornale diretto da Belpietro «mi è stato detto che sono stato indagato per vilipendio in base alla mia attività social su Twitter. Non mi sono stati indicati tweet incriminati, né è stato specificato l’arco di tempo in cui li avrei pubblicati. Dunque non so come si sarebbe concretizzato questo vilipendio. Chiederò gli atti quando saranno disponibili». Secondo il professore indagato – solo per vilipendio e non per istigazione a delinquere come hanno riportato i media in questi giorni – l’argomento in materia è alquanto spinoso: «l’espressione del pensiero. Se qualcuno ritiene che le critiche politiche siano insulti… Non dovrebbe funzionare così in un regime liberaldemocratico. Io ho scritto che Mattarella è il secondo peggior presidente della Repubblica. È un giudizio molto duro, che può essere contestato, ma non mi pare che sia vilipendio». Anche sul concetto di regime sanitocratico, Gervasoni spiega che è una critica durissima la sua ma non è un insulto, né tantomeno vilipendio: come “prova” mediatica contro Gervasoni vi sarebbe il suo legame con la destra sovranista, ma qui il professore chiarisce «mi definisco un conservatore, scrivo molto su questi temi, sia sui giornali cartacei che online. Sovranista bisognerebbe capire che cosa significhi, e in ogni caso esserlo non è reato. Per quanto mi riguarda non appartengo ad alcuna rete organizzativa, né segreta né pubblica». Gervasoni spiega poi di essere iscritto ad un social russo (“Vkontakte”) perfettamente legale e che non è affatto antisemita come scrivono i giornali in questi giorni, «antisemita io? Ma se sto con Israele!». A chi lo accusa di avere una cerchia di followers misti a sovranisti, suprematisti e gente di destra, Gervasoni replica «Se uno mi chiede l’amicizia gli devo fare lo screening ideologico? Se l’associazione a delinquere si estende agli amici sui social andiamo male. Su Facebook ho 5.000 amici e 21.000 follower, faccia lei». La chiosa finale la riportiamo pari pari dalla sua considerazione su “La Verità” perché di fatto è la sua arringa difensiva in un caso ancora molto misterioso: «La libertà di parola si sta restringendo ovunque nei Paesi liberali. O per meglio dire si sta restringendo per persone che dicono determinate cose. Non risultano grandi interventi di chiusura dei profili di chi insulta Giorgia Meloni o Matteo Salvini, ma qui è la solita questione dei due pesi e due misure». Gervasoni non ritiene Mattarella “responsabile” di questo clima, anche perché il Pm procede d’ufficio senza una denuncia, ma il suo timore è che andando a colpire un professore universitario si stia «alzando il tiro» così che magari d’ora in poi «un mio collega che volesse criticare Mattarella eviterà di farlo».