Gesù Bambino, Santa Claus, Santa Lucia
e addirittura la Befana: ogni anno è sempre la stessa storia, le tradizioni si “mischiano” e scatta quasi un’autentica sfida a distanza (spesso regionale, ndr) tra chi sia il vero “detentore” del titolo di “portatore dei regali”. Ecco, per una volta si può anche uscire dal “seminato” ed entrare in quella dimensione più autentica che questa festività richiama ancora 2020 anni dopo quella notte apparentemente anonima nei pressi di Betlemme: la fede ovviamente è una scelta libera e un’adesione personale, ma tentare di ‘nascondere’ il fatto che il Natale sia divenuto festa proprio per celebrare quella nascita di quel Bambino, significa forse voler nascondere non tanto “le proprie origini” quanto l’essenza stessa della storia umana. Ecco che l’usanza di celebrare Gesù Bambino anche oltre la dimensione prettamente liturgica la dobbiamo espressamente a San Francesco: di rientro dall’estenuante viaggio in Palestina e a pochi giorni dall’approvazione della sua Regola da parte di papa Onorio III, decide la notte del 24 dicembre di celebrare il Natale nel gelido eremo di Greccio celebrando la Santa Messa nel bosco. È così che nasce il Presepe moderno, un’adorazione “laica” che dona l’eternità di quel gesto al Bambino che ogni anno ricompare nella mangiatoia dei presepi domestici in miliardi di case nel mondo: hanno tentato in tanti modi di “secolarizzare” quell’adorazione al Bimbo Gesù, quasi facendolo divenire un’alternativa più “seriosa” a Babbo Natale. Se si scoprisse però che Santa Claus (San Nicola) è stato uno dei testimoni e degli “aiutanti” nella storia di quel Bambino, ecco che allora qualche altro sepolcro imbiancato potrà crollare.
I REGALI DI GESÙ BAMBINO
«Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta. Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo», riporta il Vangelo di San Luca per la festa di Natale, ovvero letteralmente la nascita del Gesù Bambino poi adorato e santificato da Cristo nella sua Chiesa. «Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia», diceva l’Angelo ai pastori e simbolicamente a tutto il mondo, «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama». In qui l’origine storica e religiosa dell’adorazione, ma come mai nacque la tradizione dei regali è presto che spiegato: l’uso dei doni ai bambini con tanto di letterina nasce ovviamente con l’episodio dei Magi in arrivo da Oriente, poi “confermato” anche dalla storia di San Nicola-Santa Claus e dallo stesso Santo Poverello di Assisi. Un Bambino che dona i regali ai bimbi e nello stesso tempo dona la speranza ai grandi: l’attesa del Natale e la tradizione del “dono” con i tre regali di oro, incenso e mirra dei Re Magi hanno portato avanti nella Storia quel “rito” del regalo per l’intera umanità e per tutte le culture, anche quelle non direttamente cristiane.
L’ELOGIO DELLA PICCOLEZZA
«Solo su un cuore umile può germogliare lo Spirito di Dio», ripeteva così in una meditazione per la Messa in Santa Marta del 3 dicembre 2019 Papa Francesco, producendo quell’“Elogio della Piccolezza” in costante riaccadere ogni anno nel Natale del Signore. «E Gesù, nella pagina odierna del Vangelo, parla di questa piccolezza, gioisce e ringrazia il Padre perché si è rivelato non ai potenti, ma ai piccoli […] andremo tutti al presepe dove c’è la piccolezza di Dio»; il rapporto piccolezza-grandezza è il fulcro della venuta di Gesù in questo mondo. Un piccolo, un umile e uno “sconfitto” (non accolto la notte di Betlemme, cacciato dal Tempio e crocifisso in pubblica piazza) che rivoluziona il mondo predicando non la forza della spada e della vendetta, ma il “potere” del perdono e dell’amore. L’elogio, per l’appunto, della piccolezza: «Un cristiano parte sempre dalla piccolezza. Se io nella mia preghiera mi sento piccolo, con i miei limiti, i miei peccati, come quel pubblicano che pregava in fondo alla chiesa, vergognoso: “Abbi pietà di me che sono peccatore”, andrai avanti. Ma se tu credi di essere un buon cristiano, pregherai come quel fariseo che non uscì giustificato: “Ti rendo grazie, Dio, perché sono grande”. No, ringraziamo Dio perché siamo piccoli», chiosava Papa Francesco nella meditazione per l’Avvento dello scorso anno.