Recentemente Gherardo Colombo, in occasione della pubblicazione del suo nuovo libro “Anti Costituzione. Come abbiamo riscritto (in peggio) i principi della nostra società“, ha rilasciato un’intervista per il Corriere della Sera, parlando della sua carriera e della sua vita. Una carriera sicuramente illustre, nella magistratura italiana, e che l’ha portato a condurre, tra le altre, le famose inchieste sulla Loggia P2, sul delitto Ambrosoli ed anche Mani pulite.



Il primo ricordo di Gherardo Colombo, racconta ironizzando al Corriere, è “la scossa elettrica, per le dita nella presa elettrica. Da lì mi sono venuti i capelli ricci”. Poi gli studi, “bocciato in seconda media e quarta ginnasio, ho recuperato l’anno in entrambe le occasioni”, la più grande difficoltà a scuola, racconta, era “entrare in relazione con gli altri. Ero obeso…”. Poi, però, al liceo riscoprì una certa passione per lo studio e “scelsi Giurisprudenza”. Una vocazione, forse, quella di Gherardo Colombo, nel cercare di “essere utile” come suo padre, “medico generico, girava di giorno e di notte, curava, faceva partorire”. Non voleva, però, “mettere le mani sulle persone”, e scelse la via della legge.



Gherardo Colombo, la P2 e Mani Pulite

Lasciandosi alle spalle la questione infanzia e studi, Gherardo Colombo ha poi raccontato anche alcune tappe della sua illustre carriera. La Loggia P2, inchiesta sorta nel 1981, gli causò “stupore e indignazione. C’erano i capi dei servizi segreti, c’era chi aveva inquinato le indagini sulle stragi, ministri, imprenditori, giornalisti, magistrati, la catena di comando del Corriere della Sera”. Ma anche preoccupazione “che i servizi segreti potessero venire a riprendersi le carte“, le fotocopiarono, le nascosero e cercarono di descriverle nei dettagli.



Anni in cui, gli ’80, in cui Gherardo Colombo ricorda anche di aver posseduto un revolver. “Il 19 marzo 1980 venne ucciso Guido Galli“, circostanza che lo sconvolse al punto di dormire fuori casa, ma anche temere ogni stop al semaforo con la moto. “Presi un revolver”, racconta, “mi dava una sensazione di sicurezza. Ma è irrazionale”. Nel 2007, dopo le dimissioni, la fece distruggere. Parlando, infine, del processo Mani pulite, Gherardo Colombo ricorda che si sentì tradito quando “scoprimmo un grande giro di corruzione nella Guardia di finanza di Milano, un corpo con cui avevo lavorato tanto e bene. Un imprenditore, interrogato, coinvolse un colonnello con cui avevo lavorato e di cui mi fidavo, temevo potesse fare un gesto estremo”. Fu lui a interrogare quel testimone, “mi chiese: ‘Dottore mi dice lei cosa fare? Patteggio la pena? Dico che sono innocente o confesso? Mi dica lei’. Mi sono stupito, pensavo fosse disperato, non era nemmeno imbarazzato“.