Il ghetto ebraico di Roma non solo è uno dei più antichi del suo genere in tutta Europa (secondo infatti solo a quello che si trova nel cuore di Venezia) ma pure uno dei quartieri della Capitale più ricchi di storia: incastonato nel rione Sant’Angelo dove si trova pure nelle vicinanze l’Isola Tiberina, questo ghetto è conosciuto in tutto il mondo e rappresenta una tappa obbligata per chi visita per la prima volta la Città Eterna ma anche amata dagli stessi residenti perché qui si possono trovare luoghi e vicoli di grande suggestività, senza dimenticare che qui è anche possibile gustare la vera cucina giudaico-romanesca in cui i piatti tipici della tradizionale locale incontrano quelli della gastronomia kosher. Andiamo dunque alla scoperta del ghetto ebraico di Roma partendo dalla sua storia che affonda le radici nel 1500 e che in seguito ha visto questi luoghi non solo quale crocevia di culture e tradizioni anche molto differenti tra di loro ma pure tristemente teatro di una delle più dolorose follie della Seconda Guerra Mondiale.
NEL GHETTO EBRAICO DI ROMA: COSA VEDERE
Il ghetto della Capitale (ricordando l’etimologia della parola, ovvero “ghet” che per in ebraico indica separazione anche se qualcuno pensa nasca dal “gheto” veneziano, contrada/fonderia dove quel gruppo religioso fu costretto a risiedere) nacque ufficialmente nel 1555 quando Papa Paolo IV revocò agli ebrei i loro diritti ordinando con una bolla che si stabilissero nel rione Sant’Angelo, nei pressi del Teatro Marcello e con tanto di distintivo di riconoscimento, dato che oramai molti di loro vivevano da tempo lì: nel corso della sua storia il ghetto fu più volte dismesso e riaperto (e dopo la breccia di Porta Pia del 1870 gli ebrei romani si stabilirono pure in altre zone della città) mentre l’episodio più drammatico restano la retata nazista del 16 ottobre 1943 che portò oltre 1000 persone tra cui molti bambini a morire deportati ad Auschwitz. Oggigiorno per ghetto si intende quell’area delimitata da Via del Portico d’Ottavia, Via Arenula, Via de’ Funari e Via dei Falegnami, per una superficie comunque meno estesa di quella “storica”: arrivandoci da Trastevere una delle prime cose che si vedono è la Sinagoga, o Tempio Maggiore, un edificio di grandi dimensioni terminato nel 1904 (al cui interno si trova pure il Museo Ebraico della Capitale) e le cui decorazioni interne furono affidate ad alcuni artisti liberty dell’epoca, mentre tra le vie non solo più bazzicate ma pure “instagrammate” dai turisti vi sono Via della Reginella, Via del Tempio e Via di Sant’Ambrogio.
DOVE MANGIARE: LE RICETTE DELLA CUCINA GIUDAICA
Uno dei cuori pulsanti del ghetto ebraico a Roma è certamente la summenzionata Via del Tempio, mentre da appuntarsi in un tour del quartiere c’è sicuramente la Chiesa di San’Angelo in Pescheria (dove si trovata un tempo il mercato del pesce), il ponte dei Quattro Capi che lo collega all’Isola Tiberina, la Fontana delle Tartarughe nella minuscola Piazza Mattei e il Portico d’Ottavia, ovvero i resti di quel complesso monumentale risalente a Roma Antica. Ad ogni modo non meno importanti sono gli itinerari del gusto seguendo alcuni luoghi simbolo della tradizione gastronomica del ghetto capitolino: grazie alla presenza di un mercato del pesce attorno al Teatro Marcello nacque la ricetta del brodo di pesce realizzato con gli scarti meno nobili che le donne andavano a raccogliere a fine giornata, rendendoli commestibili attraverso la cottura in acqua; e come spesso accade quella che era una “ricetta povera” oggi rappresenta uno dei piatti più richiesti, senza però dimenticare che forni e botteghe del pane, rosticcerie, trattorie che propongono cibi kosher (“consentiti dalla legge”) sono praticamente ovunque. A tal proposito i più gettonati sono “Giggetto al Portico d’Ottavia”, “Sora Margherita”, la “Taverna del ghetto” e “Nonna Betta”, e senza dimenticare i dolci con la pasticceria Boccione: qui si possono gustare oltre al brodo di pesce e ad altre specialità quali i filetti di baccalà pure i rinomati carciofi alla giudia, i tortini di aliciotti e indivia, la zuppa di Matzo (polpette di pane azzimo in brodo conosciute pure come palline di matzah), i falafel kosher, la “concia” di zucchine, tutte le varie ricette di carne e altre contaminazioni fra la tradizione ebraica e quelle mediorientali, finendo in bellezza poi con la gustosissima torta di ricotta e visciole.