Ancora poche ore e, se non si consegnerà alle autorità, Giacomo Bozzoli sarà dichiarato latitante e questo comporterà un aggravarsi della sua posizione. Il 39enne, che per la giustizia italiana nel 2015 uccise lo zio Mario Bozzoli nella fonderia di Marcheno (Brescia) per poi distruggerne il corpo in uno dei forni, è irreperibile e i carabinieri che sono andati a casa sua dopo la sentenza della Cassazione, per condurlo in carcere, non avrebbero trovato alcuna traccia neppure della moglie e del loro bambino. Una situazione che preoccupa non solo la difesa, ma anche il padre, Adelio Bozzoli, che con la vittima gestiva lo stabilimento in cui si sarebbe consumato l’omicidio.



A riportare le prime dichiarazioni dell’uomo, a margine della decisione della Suprema Corte che ha sigillato la sorte giudiziaria del figlio con la conferma del fine pena mai, è Il Corriere della Sera. Intercettato in stazione di ritorno dall’udienza conclusiva del processo, il padre di Giacomo Bozzoli ha dribblato telecamere e microfoni dopo aver affidato una brevissima dichiarazione alla stampa ribadendo la sua preoccupazione e chiedendo di essere lasciato in pace in questo difficilissimo momento, mentre il figlio è ricercato e su di lui pende un ordine di esecuzione della condanna inserito in tutte le banche dati italiane ed europee.



Senza esito le ricerche di Giacomo Bozzoli, per i vicini di casa sarebbe sparito da una decina di giorni

Le ricerche di Giacomo Bozzoli, sul quale pende un ordine di carcerazione ora esteso a tutto il territorio europeo dopo la condanna definitiva emessa dalla Cassazione per l’omicidio dello zio Mario Bozzoli, sono ancora senza esito. La macchina investigativa si è messa in moto immediatamente appena constatata la sua irreperibilità, ma per attivare indagini più invasive, comprese eventuali intercettazioni, è necessario attendere che trascorra un tempo sufficiente – non oltre le 48 ore – perché sia dichiarata la latitanza con decreto motivato di un giudice.



Secondo i vicini di casa del 39enne, sembrerebbe sparito da oltre una settimana, “non si vede da 10 giorni“, riporta Ansa, prima della sentenza. Il padre Adelio aveva detto che avrebbe atteso il verdetto nella sua abitazione sul Lago di Garda, ma all’arrivo dei carabinieri per eseguire la condanna (dopo i 9 anni di processi che Giacomo Bozzoli ha trascorso in libertà perché ritenuti insussistenti il pericolo di fuga e le altre esigenze cautelari) la residenza sarebbe apparsa in uno stato compatibile con una prolungata assenza: erba alta in giardino e nessun movimento. Tempo per trovarlo, o perché si costituisca in un carcere di sua scelta, fino a questo pomeriggio e poi Giacomo Bozzoli sarà considerato ufficialmente latitante con tutte le aggravanti che questo scenario comporta. La latitanza, infatti, nel nostro ordinamento è equiparata ad una evasione e la pena prevista va da 1 a 3 anni di reclusione.

48 ore per non peggiorare la sua sorte: Giacomo Bozzoli al centro di una vera e propria caccia all’uomo

Giacomo Bozzoli ha quindi 48 ore di tempo, che scadranno nel pomeriggio di oggi, 3 luglio, per non peggiorare la sua posizione e per non essere dichiarato latitante (condizione equiparata a quella di un evaso). Gli inquirenti, riporta Ansa citando fonti investigative, si sarebbero dati questo termine “prima di scatenare l’inferno per fargli terra bruciata attorno“.

Al momento, le utenze telefoniche e i dispositivi riconducibili a Giacomo Bozzoli risulterebbero spenti, disattivati volontariamente o irraggiungibili. I suoi legali, ricostruisce la stessa agenzia di stampa, si sarebbero trincerati dietro un secco “no comment” dopo il colpo di scena che vede protagonista il loro assistito, ora al centro di una caccia all’uomo dall’esito imprevedibile su tutto il territorio nazionale.