GIACOMO PORETTI E LA FIGURA DI SAN GIUSEPPE

«La vicenda di Giuseppe mi ha lasciato un altro insegnamento fondamentale: che la sua famiglia, lui e sua moglie, è quella che ha detto un doppio sì a Dio, entrambi hanno permesso al Creatore di entrare in noi e di custodire questo sacro mistero»: scrive così Giacomo Poretti, attore e scrittore – leggendario “Giacomino” nel trio comico Aldo, Giovanni e Giacomo – nella prefazione al libro “Un padre e un custode” di Papa Francesco.



Si tratta della Catechesi su San Giuseppe tenuta dal Santo Padre dal 17 novembre 2021 al 16 febbraio 2022, un percorso di fede e di ragione che indaga la figura misteriosa e tenera del Santo “papà” di Gesù. «L’uomo giusto e sposo di Maria, uomo del silenzio, il migrante perseguitato e coraggioso, il padre putativo di Gesù», sono solo alcune delle 12 meditazioni sulla figura di San Giuseppe redatte da Papa Francesco e commentate nella prefazione da Poretti (uscita in anteprima sul’Avvenire domenica 1 maggio). «Ho conosciuto san Giuseppe che avevo cinque anni. II mio papà è arrivato con lo scatolone dalla cantina, la mamma ha cominciato a urlare dicendo che per prima cosa bisognava ricoprire con la carta di giornale il mobile dove si sarebbe fatto il presepe», racconta nella sua prosa ironica e commossa l’attore milanese. Una scatola delle scarpe vecchia, della sabbia e del domopak: «lì per la prima volta ho visto san Giuseppe con la barba e la sua faccia triste. Io chiedevo chi fosse e la mamma, omettendo imbarazzanti spiegazioni, “Il papà di Gesù bambino”. Poi mi mostrava la statuina della Madonna e mi diceva: «E questa è la sua mamma!”. La mia di mamma invece avrebbe voluto aggiungere qualcos’altro, poi si guardava negli occhi con il papà e decideva che non era ancora il caso di avventurarsi nella storia dell’Immacolata Concezione, l’avrebbe fatto fra due o tre presepi».



“IL SÌ DI GIUSEPPE PER LA STORIA”: PARLA GIACOMO PORETTI

Solo crescendo tramite l’oratorio Giacomo racconta di aver scoperto e iniziato ad apprezzare quella figura così carica di significato che è San Giuseppe: ancora introducendo le riflessioni di Papa Francesco, Poretti sottolinea nella prefazione «la figura di Giuseppe mi ha sempre in un qualche modo inquietato, perché da lui e da sua moglie, Maria, ha preso sostanza la natura faticosa e talvolta misteriosa della fede. Ho pensato alla paura che doveva aver sperimentato quando la sua sposa gli ha comunicato che aspettava un bambino ed entrambi sapevano che non veniva da loro».

Un Santo diverso da tutti gli altri, perché è dovuto rimanere “nell’ombra”, a custodire i 30 anni di vita privata del suo Figlio mandato dal cielo, tranquillizzato solo dall’angelo dopo l’Annunciazione: «Come dice papa Francesco nelle meditazioni presentate in questo suo libro, Giuseppe è chiamato a custodire la sua famiglia, perché nel custodire vi è il significato più importante dell’esser genitore». Il Papa nelle Catechesi ha spiegato quest’anno come San Giuseppe rappresenti appieno la figura dell’essere cristiano: «Custodire la vita, custodire lo sviluppo umano, custodire la mente umana, custodire il cuore umano, custodire il lavoro umano. Il cristiano è – possiamo dire – come san Giuseppe: deve custodire. Essere cristiano è non solo ricevere la fede, confessare la fede, ma custodire la vita, la vita propria, la vita degli altri, la vita della Chiesa». Un Sì quello di San Giuseppe che – assieme a quello della Madonna – ha potuto custodire e permettere il compimento del disegno di Dio per la salvezza dell’uomo. Giacomo Poretti al termine della prefazione al libro di Bergoglio ammette tutta l’emozione nel compiere un’opera del genere: «Scrivere una prefazione per il Papa è un peso più pesante di san Giuseppe quando si coricò quella sera; spero che in sogno un angelo mi dica che Francesco ha avuto benevolenza per i miei balbettii».