Rischia di aggravarsi la posizione di Andrea Favero, l’uomo indagato per la morte della 33enne Giada Zanola, sua ex compagna. La donna sarebbe stata gettata dal cavalcavia sulla A4 a Vigonza, in provincia di Padova, la notte tra il 28 e il 29 maggio scorsi e per l’accusa l’autore del delitto sarebbe lui. Gli esami tossicologici disposti nell’ambito dell’autopsia avrebbero fornito una prima risposta che rischia di spostare l’asse dell’impianto accusatorio dallo scenario di un omicidio volontario a quello di un delitto premeditato, situazione che appesantirebbe il quadro di elementi a carico dell’attuale indagato: nel corpo della vittima, secondo ciò che riporta Adnkronos, sarebbero state rilevate tracce di benzodiazepine.



Gli inquirenti avrebbero quindi un dato su cui incardinare l’eventuale contestazione della premeditazione: Giada Zanola sarebbe stata narcotizzata prima del volo di 15 metri finito sull’asfalto dell’autostrada quella tragica sera. Gli esami in corso, affidati al medico legale Claudio Terranova, serviranno a rendere ancora più nitido il contesto in cui è avvenuto il decesso.



Giada Zanola ancora viva quando è stata gettata dal cavalcavia sull’autostrada A4

L’esame autoptico avrebbe escluso lo strangolamento dalle possibili cause di morte di Giada Zanola, come escluse sarebbero ferite da arma da taglio. Sul cadavere sarebbero stati rilevati però alcuni segni e lividi che confermerebbero una colluttazione con l’ex compagno risalente a circa due giorni prima del decesso. Il rapporto tra i due sarebbe stato particolarmente teso dopo la fine della relazione a un passo dalle nozze.

In sede di prime dichiarazioni alla Squadra Mobile di Padova, subito dopo il fermo, Andrea Favero avrebbe detto di aver ucciso la ex compagna ma lo avrebbe fatto in assenza di un legale rendendo così l’ammissione sostanzialmente inutilizzabile ai fini della cristallizzazione di una vera e propria confessione. Nelle ore successive, infatti, assistito dal suo avvocato avrebbe dichiarato di non ricordare nulla dell’accaduto, ma l’autopsia avrebbe inquadrato una dinamica capace di farlo finire al centro dell’inchiesta per la morte di Giada Zanola: la presenza di tracce di narcotici irrobustisce l’ipotesi, già sul tavolo degli investigatori fin dall’immediatezza dei fatti, che la giovane fosse ancora viva quando è stata gettata dal cavalcavia e rilancia l’eventualità della premeditazione, aggravante che peserebbe come un macigno in un processo.