Giampaolo Amato, medico 64enne accusato di aver ucciso la moglie Isabella Linsalata e la suocera Giulia Tateo, entrambe morte nel 2021 rispettivamente il 31 e il 9 ottobre, avrebbe reso dichiarazioni spontanee in aula nell’ambito del processo che lo vede imputato di duplice omicidio premeditato. Lo riporta Il Resto del Carlino, secondo cui nel corso dell’udienza, dove l’uomo avrebbe fornito la sua versione ribadendo di essere estraneo ai due decessi, avrebbero testimoniato anche la sorella di Isabella Linsalata e un’amica. Testimonianza, queste ultime, volte a ricostruire i mesi precedenti alla morte.
Giampaolo Amato è in carcere e, secondo l’accusa, avrebbe assassinato prima la suocera e poi la consorte con lo stesso “schema”, un presunto mix di farmaci – benzodiazepine e un anestetico ospedaliero – che avrebbe sottratto da una delle strutture in cui lavorava. Il presunto movente? Una miscela di “passione” e soldi: per gli inquirenti, Amato avrebbe agito per vivere liberamente una relazione extraconiugale e per incassare l’eredità. Contestazioni respinte con forza dalla difesa che insisterebbe sull’assenza di difficoltà economiche e sul fatto che Amato fosse già libero di frequentare un’altra persona. “Sono innocente – avrebbe detto l’imputato in aula nella recente udienza, ricostruisce il quotidiano –. Non ho ucciso nessuno, non ho drogato nessuno, non ho rubato farmaci. Non ho mai fatto del male a qualcuno, neppure una rissa da giovane. Rispetto la legge e il giuramento di Ippocrate. Non so perché Isabella sia morta, ma escludo categoricamente sia stato suicidio: amava la vita, amava i nostri figli di cui oggi, che li vede da lassù, sono sicuro sia orgogliosissima, come me del resto. Anche io voglio la verità, e sono sicuro emergerà: produrremmo le prove che chiariscono che non l’ho uccisa io“.
La sorella di Isabella Linsalata testimonia a processo contro Giampaolo Amato
La cognata di Giampaolo Amato, testimone nel processo a carico del medico per l’omicidio della sorella Isabella Linsalata, avrebbe raccontato quanto segue: “Ho rispettato sempre il desiderio di Isabella. Non voleva mettere in difficoltà i figli e aveva detto che sarebbe stata vigile dopo quell’episodio delle analisi. Volevo rispettarla, per questo non ho detto nulla. È stata attenta nel post, dopo le analisi e la bottiglia. Io cercavo di capire. È stato detto che dopo che il marito andò via di casa lei dormiva molto, ma è una cosa diversa dalla narcolessia. Mia sorella la sera era affaticata dal dolore e dal non avere le risposte che cercava. Ma io non ho mai più notato episodi di narcolessia. Anche le tisane non le ha più bevute ed era vigile. Prima della sua morte non ho più sentito dire di altri episodi narcolessia. Non pensavo che arrivasse a succedere quello che è successo. Anche Isabella sminuiva”.
In aula anche la testimonianza di un’amica della vittima: “Le dicemmo che doveva denunciarlo, ma non volle rovinarlo“. La donna avrebbe inoltre riferito di una vacanza del 2019 in Guatemala: “Isabella partì che era giù, ma durante il viaggio si riprese. Poi, quando tornammo, si ripresentò la sonnolenza. Lei mi disse che si era ripresentata dopo tre cene ravvicinate fatte con il marito. Era preoccupata perché non riusciva a completare la cena e piombava in un sonno fortissimo, risvegliandosi solo la mattina. Ebbe il sospetto che le venisse somministrato qualcosa che la faceva addormentare e quindi decise di fare l’esame delle urine“. Quelle analisi, secondo l’amica di Isabella Linsalata, avrebbero rilevato che “le benzodiazepine erano altissime“. “Le dicemmo che davanti a questa cosa eravamo sconvolte, visto che le serate le aveva passate con lui e lei stessa sospettava che potesse essere stato solo lui a somministrarle i farmaci. Le abbiamo detto che eravamo preoccupate e doveva prendere provvedimenti. Era una cosa troppo grave. Le dicemmo di denunciarlo, cacciarlo, cambiare la serratura, ma lei diceva che non voleva rovinarlo né farlo sapere ai figli“.